Gilgamesh incalza Utnapishtim (1-7) |
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Gilgamesh
parlò a lui, al lontano Utnapishtim:
"Io guardo a te, Utnapishtim, |
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Il mio animo è tutto proteso a misurarsi con
te, e tuttavia il mio braccio è inerme contro di te! Perciò dimmi: come sei entrato nella schiera degli dei, |
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Comincia il racconto del diluvio (8-19) [Commento] |
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Utnapishtim
parlò a lui, a Gilgamesh:
"Una cosa nascosta, Gilgamesh, ti voglio rivelare, |
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e il segreto degli dei ti voglio manifestare.
Shuruppak
- una città che tu conosci, Bramò il cuore dei grandi dei di mandare il diluvio. |
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Prestarono il giuramento il loro padre An, Enlil, l'eroe, che li consiglia, Ninurta il loro maggiordomo, Ennugi, il loro controllore di canali; Ninshiku-Ea aveva giurato con loro. |
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L'aiuto di Enki (29-47) [Commento] |
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Le loro intenzioni (quest'ultimo) però le
rivelò ad una capanna: "Capanna, capanna! Parete, parete! Uomo di Shuruppak,
figlio di Ubartutu, |
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abbandona la ricchezza, cerca la vita! Disdegna i possedimenti, salva la vita! fai salire sulla nave tutte le specie viventi! La nave che tu devi costruire - |
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eguali siano la sua larghezza e la sua
lunghezza - ; tu la devi ricoprire come l'Apsu". Io compresi e così io parlai al mio signore Enki: "L'ordine, mio signore, che tu mi hai dato, |
30 |
Che cosa dico però alla città, agli
artigiani e agli anziani?"
Enki
aprì la sua bocca, "Tu, o uomo, devi parlare loro così: 'Mi sembra che Enlil sia adirato con me; |
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perciò non posso vivere più nella vostra
città non posso più porre piede sul territorio di Enlil. Per questo voglio scendere giù nell'Apsu, e là abitare con il mio signore Enki. Su di voi però Enlil
farà piovere abbondanza, |
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Egli vi regalerà ricchezza e raccolto. Al mattino egli farà scendere su di voi focacce, di sera egli vi farà piovere una pioggia di grano". |
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La costruzione dell'arca (48-88) |
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Appena l'alba spuntò, si raccolse attorno a me tutto il paese; |
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il falegname portò la sua ascia, il giuncaio portò il suo ... I giovani uomini [ ] le case [ ] le mura di mattoni. I fanciulli portarono pece. |
50 |
Il povero [ ] portò il necessario.
Al quinto giorno disegnai lo schema della nave; la sua superficie era grande come un campo, |
55 |
suddivisi la superficie in sei comparti, innalzai fino a sette piani. La sua base suddivisi per nove volte. Nel suo mezzo infissi pioli per le acque; |
60 |
tre sar di bitume grezzo versai nel
forno, tre sar di bitume fine impiegai; tre sar di olio portarno le persone portatrici dei canestri. Tranne un sar di olio che il niqqu ha consumato, e due sar di olio messi da parte dal marinaio. |
65 |
Come approvvigionamento macellai buoi, giorno dopo giorno uccisi pecore; mosto, birra, olio e vino gli artigiani bevvero come fosse acqua del fiume, essi celebrarono una festa come se fosse la festa del Nuovo Anno! |
70 |
Al sorgere del sole io feci un'unzione; al tramonto la nave era pronta. Il varo della nave fu molto difficile; |
75 |
Tutto ciò che io possedevo lo caricai dentro: tutto ciò che io possedevo di argento lo caricai dentro, tutto ciò che io possedevo di oro lo caricai dentro, tutto ciò che io possedevo di specie viventi le caricai
dentro: |
80 |
il bestiame della steppa, gli animali della
steppa, tutti gli artigiani feci salire. L'inizio del diluvio me lo aveva indicato Shamash: "Al mattino farò scendere focacce, la sera farò
piovere |
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Il diluvio distrugge ogni forma di vita (89-134) |
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Venne il momento indicato: | |
al mattino scesero focacce, la sera una
pioggia di grano. Io allora osservai le fattezza del giorno: al guardarlo, il giorno incuteva paura. Entrai dentro la nave e sprangai la mia porta. |
90 |
regalai il palazzo con tutti i suoi averi.
Appena spuntò l'alba, Adad
all'interno di essa tuonava continuamente, |
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i ministri percorrevano monti e pianure.
Il mio palo d'ormeggio strappò allora Erragal. Gli Anunnaki
sollevano fiaccole, |
100 |
Il mortale silenzio di Adad
avanza nel cielo, in tenebra tramuta ogni cosa splendente. Il paese come un vaso egli ha spezzato. |
105 |
come un'arma di battaglia la distruzione si
abbatte sugli uomini. A causa del buio il fratello non vede più suo fratello, Gli dei ebbero paura del diluvio, |
110 |
Gli dei accucciati come cani si sdraiarono la
fuori! Ishtar grida allora come una partoriente, si lamentò Belet-Ili, colei dalla bella voce: "Perché quel giorno non si tramutò in argilla, |
115 |
Perché nell'assemblea degli dei ho deciso il
male, dando, come in guerra, l'ordine di distruggere le mie genti? Io proprio io ho partorito le mie genti ed ora i miei figli riempiono il mare come larve di pesci". Allora tutti gli dei Anunnaki piansero con lei. |
120 |
Gli dei siedono in pianto. Secche sono le loro labbra; non prendono cibo! Sei giorni e sette notti Quando giunse il settimo giorno, la tempesta, il diluvio |
125 |
dopo aver lottato come una donna in doglie.
Si fermò il mare, il vento cattivo cessò e il diluvio si fermò. Io osservo il giorno, vi regna il silenzio. |
130 |
La missione esplorativa degli uccelli (135-154) |
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Aprii allora lo sportello e la luce baciò la
mia faccia.
Mi abbassai, mi inginocchiai e piansi. |
135 |
La nave si incagliò sul monte
Nisir. Il monte Nisir prese la nave e non la fece più muovere; un giorno, due giorni, il monte Nisir prese la nave e non la fece più muovere; tre giorni, quattro giorni, il monte Nisir prese la nave e non la fece più muovere; cinque giorni, sei giorni, il monte Nisir prese la nave e non la fece più muovere. |
140 |
Quando giunse il settimo giorno, feci uscire una colomba, la liberai. La colomba andò e ritornò, un luogo dove stare non era visibile per lei, tornò indietro. Feci uscire una rondine, la liberai; |
145 |
andò la rondine e ritornò, un luogo dove stare non era visibile per lei, tornò indietro. Feci uscire un corvo, lo liberai. |
150 |
Sacrifici propiziatori del superstite (155-176) |
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Feci allora uscire ai quattro venti tutti gli
occupanti della nave e feci un sacrificio. Posi l'offerta sulla cima di un monte. Sette e sette vasi vi collocai: in essi versai canna, cedro e mirto. Gli dei odorarono il profumo. |
155 |
Gli dei odorarono il buon profumo. Gli dei si raccolsero come mosche attorno all'offerente. Dopo che Belet-Ili
fu arrivata "Voi, o dei, siete come i lapislazzuli del mio collo! |
160 |
che io ricordi sempre questi giorni e non li
dimentichi mai! Gli dei vengano all'offerta, ma Enlil non venga all'offerta, perché egli ha ordinato avventatamente il diluvio, destinando le mie genti alla rovina!". |
165 |
Dopo che Enlil
fu arrivato, vide la nave e si infuriò, d'ira si riempì il suo cuore verso gli dei Igigi: "Qualcuno si è salvato? Eppure nessun uomo doveva sopravvivere alla distruzione". Ninurta aprì la sua bocca e disse, così parlò ad Enlil l'eroe: |
170 |
"Chi può aver escogitato ciò se non Enki? Solo Enki conosce ogni arte!". |
175 |
L'ultimo diverbio nel mondo divino (177-196) |
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Enki
aprì allora la sua bocca e parlò ad Enlil,
l'eroe:
"O eroe, tu il più saggio fra gli dei, |
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Al colpevole imponi la sua pena, a colui che
commette un delitto imponi la sua pena, flettilo, ma non venga stroncato; tiralo, ma non sia spezzato! Piuttosto che mandare il diluvio, sarebbe stato meglio
che Piuttosto che mandare il diluvio, sarebbe stato meglio
che Piuttosto che mandare il diluvio, sarebbe stato meglio
che |
180 |
Piuttosto che mandare il diluvio, sarebbe
stato meglio che la peste si fosse abbattuta sulle genti e le avesse decimate! Per quanto mi riguarda io non ho tradito il segreto dei grandi dèi! Ho fatto avere soltanto un sogno ad Atramkhasis,
al saggio Enlil salì allora sulla nave, |
185 |
prese la mia mano e mi fece alzare, prese mia moglie e la fece inginocchiare al mio fianco. Toccò la nostra fronte e stando in mezzo a noi ci benedisse: "Prima Utnapishtim
era uomo, |
190 |
Risieda Utnapishtim
lontano, alla foce dei fiumi".
Essi allora mi presero e mi fecero abitare lontano, alla
foce dei fiumi. |
195 |
La prova del sonno (197-234) |
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Ma appena egli si sedette al suolo con la
testa tra le sue ginocchia, il sonno scese su di lui come un velo di nebbia. Utnapishtim
parlò allora a lei, a sua moglie: |
200 |
Sua moglie
così parlò a lui, a Utnapishtim
il lontano: "Toccalo, fallo svegliare! Possa egli tornare indietro in pace per la via da cui è venuto. Possa egli tornare indietro nel suo paese attraversando la porta da cui è uscito". Utnapishtim parlò a lei, a sua moglie: |
205 |
"L'umanità è ingannevole; egli raggirerà
pure te. Orsù cuoci un pane per lui e ponilo vicino alla sua testa, segna anche sul muro i giorni che egli passa dormendo". Essa cosse un pane e lo depose vicino alla sua testa; |
210 |
Il pane del primo giorno era già secco, quello del secondo giorno era raggrinzito, quello del terzo giorno era molliccio, quello del quarto giorno aveva la crosta bianca, quello del quinto giorno aveva perso colore, quello del sesto giorno era appena cotto, quello del settimo giorno lo aveva appena sfornato, allorché egli lo toccò e lo svegliò. Gilgamesh così parlò a lui, a Utnapishtim il lontano: |
215 |
"Non appena il sonno è sceso su di me, mi hai subito toccato e mi hai svegliato". Utnapishtim
così parlò a lui, a Gilgamesh: |
220 |
Il pane del primo giorno è già secco, quello del secondo giorno è raggrinzito, quello del terzo giorno è molliccio, quello del quarto giorno ha la crosta bianca, quello del quinto giorno ha perso colore, quello del sesto giorno è appena cotto, quello del settimo giorno era appena stato sfornato, quando io ti ho toccato". Gilgamesh così parlò a lui, a Utnapishtim il lontano: |
225 |
"Ahimè! Come ho potuto fare ciò, Utnapishtim! Dove potrò andare adesso? I rapinatori mi hanno intrappolato, nella mia camera da letto alberga la morte; dovunque io ponga il mio piede, là c'è la morte". |
230 |
La melanconica partenza del perdente (234-257) |
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"Urshanabi, il molo ti rifiuti, il traghetto ti disprezzi! | |
Tu che sei andato alla sua sponda, rinuncia ad
accostarti ad essa; l'uomo che tu hai portato fin qui, il suo corpo è pieno di sporcizia; la bellezza del suo corpo hanno rovinato le pelli che indossa; prendilo Urshanabi!
Portalo al lavatoio; |
235 |
possa egli buttare via le pelli, sicché il
mare le porti con sé:
fa' che il suo corpo sia strofinato fino a tornare bello; |
240 |
fino a che egli non compia il suo viaggio, che il suo vestito non si scolori, che sia nuovo, che sia nuovo". Urshanabi
lo prese e lo condusse al lavatoio; |
245 |
il suo corpo strofinò fino a farlo tornare
bello; pose sul suo capo un nuovo turbante; indossò un vestito che lo rinobilitò; fino a che non fosse giunto alla sua città, fino a che non avesse compiuto il suo viaggio; |
250 |
il suo vestito non si sarebbe scolorato,
sarebbe rimasto nuovo.
Gilgamesh
e Urshanabi
salirono sulla nave; |
255 |
La pianta dell'irrequietezza (258-301) [Commento] |
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Sua moglie
così parlò a lui, al lontano Utnapishtim: "Gilgamesh è venuto a te stanco e abbattuto; |
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che cosa puoi dargli che possa portare con sé
nel suo paese?".
Egli allora Gilgamesh
sollevò il remo |
260 |
cosa posso darti da portare con te al tuo
paese?
Ti voglio rivelare, o Gilgamesh,
una cosa nascosta, |
265 |
se raggiungerai tale pianta con le tue mani
troverai la vita".
Appena Gilgamesh
udì ciò, egli aprì un foro, |
270 |
slegò quindi le grandi pietre che aveva ai
piedi, e così il mare lo fece risalire fino alla sponda. Gilgamesh
parlò a lui, ad Urshanabi
il battelliere: |
275 |
Voglio portarla ad Uruk,
e voglio darla da mangiare ai vecchi e così provare la pianta. Il suo nome sarà: "Un uomo vecchio si trasforma in uomo nella sua piena virilità". Anch'io voglio mangiare la pianta e così ritornerò giovane". Dopo venti leghe essi fecero uno spuntino; |
280 |
Gilgamesh
vide un pozzo le cui acque erano fresche, si tuffò in esse e si lavò; ma un serpente annusò la fragranza della pianta, |
285 |
Gilgamesh
quel giorno sedette e pianse, le lacrime scorrevano sulle sue guance. Egli allora parlò ad Urshanabi
il battelliere: |
290 |
Non sono stato capace di ottenere alcunché di
buono per me stesso!
Io ho fatto del bene persino al leone della steppa, ed
ora Nell'aprire il foro ho lasciato cadere dentro gli arnesi
di lavoro; |
295 |
Dopo venti leghe essi fecero uno spuntino; dopo trenta leghe essi si fermarono per la notte; |
300 |
Rientro ad Uruk (302-308) |
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Quando essi giunsero ad Uruk,
l'ovile, Gilgamesh così parlò a lui, ad Urshanabi: "Sali, o Urshanabi,
sulle mura di Uruk!
Percorrile! |
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Non sono stati i Sette
Saggi a porre le sue fondamenta?
Un miglio quadrato è la città, un miglio quadrato sono Avessi lasciato oggi il pukku nella casa del falegname!". |
305 |
Commento (vv. 8-19)
Il contenuto di questa tavola è la celeberrima versione caldea del diluvio universale. La scoperta di questo documento, più noto come la tavoletta del diluvio, avvenne intorno al 1870 da parte dell'assiriologo inglese George Smith che ne diede notizia nel corso di una concitata assemblea della Società londinese di Archeologica Biblica. La storia del ritrovamento è talmente ricca di colpi di scena che ho voluto proporla in una sezione dedicata.
Vorrei qui ricordare alcuni punti fondamentali. Questo documento non solo rivelò al mondo l'esistenza di una letteratura precedente a quella greca e biblica, ma addirittura confermò narrazioni contenute nell'Antico Testamento. La sua scoperta pertanto diede un fortissimo impulso agli studi biblici, alla nascente assiriologia, all'epigrafia ed ovviamente all'archeologia mediorientale.
La storia di Utnapishtim fu solo la prima di una serie di remote testimonianze sul diluvio ad emergere dalle sabbie della Mesopotamia. Fra la fine dell'800 e l'inizio del '900, nuovi scavi portarono alla luce la versione babilonese (mito di Atramkhasis, 1700 a.C.) e quella sumerica (mito di Ziusudra, ca. 2000 a.C.). E' anzi probabile che la tavoletta del diluvio, sia direttamente ispirata a questi precedenti.
In effetti l’Epopea di Gilgamesh ha dietro di sé una lunghissima storia letteraria. Per esempio, la versione babilonese dell'epopea, detta poema di Gilgamesh, non contiene il racconto del diluvio. Questo è stato aggiunto dagli scribi assiri che, nella biblioteca di Ninive, potevano direttamente consultare un patrimonio letterario vecchio di secoli.
Il mito del Grande Saggio
Molti ritengono che la versione del diluvio contenuta nella tavola XI dell'epopea sia un'interpolazione dell'episodio centrale dell'Atramkhasis (=grande saggio), dove il diluvio è solo l'ultima di una serie di calamità decisa dagli dei per punire il genere umano.
Secondo questo mito, le calamità furono provocate per ridurre al silenzio gli uomini che col loro lavoro disturbavano il riposo degli Anunnaki. Un motivo in apparenza fra i più ottusi, dato che gli uomini, è vero, erano rumorosi ma perché producevano il fabbisogno degli dei. Eliminando gli uomini, gli dei finivano col bruciare la loro stessa fonte di sostentamento. E' per questo che recenti interpretazioni hanno cominciato a vedere nella "rumorosità" una metafora dell'ingegno umano. L'uomo, attraverso il miglioramento delle condizioni di vita e l'accrescimento del sapere, si rendeva indipendente dall'elemento divino.
L'Atramkhasis non è "solo" il diluvio. Il bel mito racconta delle origini del mondo divino, diviso tra Anunnaki (gli aristocratici) e Igigi (la servitù) e della creazione dell'uomo per sollevare gli Igigi dalla fatica del lavoro. Una lettura dell'Atramkhasis, o almeno dei circa 800 versi giunti sino a noi, è possibile in Bot 1992, pp. 559-639 e in Bot 1996, p.117.
Vale la pena osservare che a causa di una svista degli scribi di Ninive, Atramkhasis fa un cameo nella tavoletta del diluvio (avete capito dove?).
Commento (vv. 29-47)
L'episodio della teofania di Utnapishtim è infilato in modo posticcio nell'epopea rinunciando, quanto volutamente non ci è dato sapere, a dettagli che ci aiuterebbero nella sua comprensione. Gli illustri antecedenti (>>> commento) aiutano a chiarire la situazione. Cominciamo con la versione sumerica (sec. XVIII a.C.):
In quel tempo Ziusudra, il re, l'unto
costruì un riparo rotondo.
In umiltà, fervida preghiera, timore
stando ogni giorno costantemente...
ogni giorno gli appariva la parola...
... gli dei al muro...
Ziusudra stando sul fianco alscoltò:
«Stai presso il muro, a sinistra!
Che io dica la parola presso il muro, la parola mia ricevi
L'orecchio tuo alla mia purificazione»
(riportato in Bot
1992 pp. 602-603).
Nel Grande Saggio paleobabilonese apprendiamo altri particolari dello stratagemma di Enki:
Atramkhasis aprì la sua bocca e disse al suo
signore:
«Informami sul contenuto del sogno,
...che io veda la sua conseguenza».
Ea aprì la sua bocca e disse al suo servo:
«Tu dici: "che cosa devo vedere".
Il messaggio che ti dico custodiscilo!
Muro, ascoltami!
Canniccio, custodisci tutte le mie parole!
Distruggi la casa, costruisci una nave!
Odia i beni!
Conserva la vita!»
(riportato in Sap
1996 pp. 64-65).
Risulta chiaro dall'unione insiemistica delle tre versioni che Enki (qui chiamato col nome accadico Ea) ricorre ad un ingenuo stratagemma per non violare il patto stipulato con gli altri Anunnaki. Egli non avverte direttamente Utnapishtim ma parla al muro di canne mescolate a terra della sua casa. Secondo una logica spicciola, Enki non avrebbe dunque la responsabilità che il mortale nascosto dietro al muro possa far tesoro delle informazioni divine! Rimane un mistero come potrebbe mai un canniccio pensare di salvarsi costruendosi una nave!
Più tardi la faccia tosta di Enki in relazione all'episodio sarà senza limiti (vv. 187-188):
Per quanto mi riguarda io non ho tradito il segreto dei grandi dèi!
Ho fatto avere soltanto un sogno all'uomo saggio per eccellenza!
Commento al testo (vv. 258-301)
Il regalo di commiato proposto da Utnapishtim a Gilgamesh è la pianta dell'irrequietezza. Questo oggetto appare frequentemente nell'epica mesopotamica in varianti destinate a prolungare l'esistenza direttamente (immortalità o gloria), indirettamente (discendenza) o ciclicamente (seconda giovinezza).
La pianta raccolta dagli abissi da Gilgamesh rientra nella terza tipologia. Per molti studiosi questa pianta sarebbe una trasfigurazione delle perle della specie Pinctada che gli antichi, dalla preistoria al Medioevo, consideravano simbolo di immortalità (p. 63 Archeo n. 218, 2003).
Nella versione elamita della saga, è raccontato che questa pianta garantisce fertilità e discendenza. Nella stessa accezione diviene oggetto di ricerca da parte di Etana. Secondo il mito, il re di Kish volerebbe fino in cielo, aggrappato a un'aquila, alla ricerca della pianta che gli possa garantire una discendenza.
Il problema assilla anche il re ugaritico Keret dal cui mito sono tratti questi bellissimi versi rivolti al padre degli dei dell'antica Siria:
«Che me ne faccio dell'argento, degli ori con i loro
piedistalli, degli schiavi, dei bronzi, dei cavalli, dei carri,
delle scuderie, dei servitori? Concedimi El di
poter procreare figli e avere una discendenza!»
(da Sap
1996 pp. 109-110).
In un altro mito, al sacerdote Adapa (uno dei Sette Saggi) vengono offerti il pane e l'acqua della vita dal dio An in persona. Ma Adapa, istruito da Enki, rifiuta il dono divino:
«Avanti, saggio Adapa, perché non mangi e non bevi? Non vuoi
vivere? Non sognano forse tutti gli uomini di diventare immortali»
«Enki il mio signore mi ha detto: non dovrai mangiare ne bere»
An riflettè: «Ebbene se non posso donarti la vita decreterò per
te un altro destino: tu sei un mortale Adapa, ma la tua fama vivrà
per sempre!»
(da Pon
2000 p. 129)
TAVOLE
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