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Inizia
a dipingere soggetti legati alla vita quotidiana, poi alla realtà
urbana dei primi anni Trenta quando la crisi economica del ‘29 e
la sconvolgente disoccupazione avevano travolto le antiche certezze
del sistema capitalistico, cancellando il tradizionale ottimismo
americano nell’avvenire cui era subentrato un diffuso sentimento d’incertezza
e d’angoscia esistenziale. Ne deriva una percezione malinconica
della vita che gli appare come svuotata e priva d’interessi, una
dimensione monotona, popolata da individui indifferenti e alienati
in una persistente incomunicabilità |
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Tuttavia,
a differenza della letteratura statunitense di quegli anni che
descriveva la miseria e l’emarginazione fisica delle classi più
povere (“Uomini e topi”), l’artista si sofferma sugli
ambienti di una borghesia sopravvissuta alla decadenza materiale, ma
sconfitta da una profonda crisi morale e affranta dalla ’pena
di vivere così’.
ascolta
video
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Sembra
di assistere alla fine del sogno americano e al fallimento di
quel consumismo capitalistico che prometteva una felicità alla
portata di tutti |
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Tra
il 1915 e il 1923 Hopper abbandona temporaneamente la pittura per
dedicarsi all'incisione, eseguendo puntesecche e acquaforti, grazie
alle quali otterrà numerosi premi e riconoscimenti, anche dalla
National Academy. Il successo ottenuto con una mostra di acquerelli
(1923) e con un'altra di quadri (1924) contribuirà alla sua
definizione di caposcuola dei realisti che dipingevano la
"scena americana". |
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Hopper
materializza nei suoi quadri lo squallore del suo tempo e la solitudine
silenziosa di quei luoghi metropolitani: bar, pub, gli interni
di un treno o di una stanza, scorci di quotidianità rappresentati
pittoricamente attraverso una raffigurazione schematica, quasi
geometrica degli ambienti |
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In
quei primi anni Cinquanta, Hopper parteciperà attivamente alla
rivista "Reality", fronte comune degli artisti legati alla
figurazione e al realismo, che si contrapponevano all'Informale e
alle nuove correnti astratte, venendo identificati erroneamente (nel
clima della "guerra fredda" e della "caccia alle
streghe" aperta da Mc Carthy) come simpatizzanti socialisti. |
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Summer
Evening 1947;Oil on
canvas, 30 x 42 inches; Collection of Mr. and Mrs. Gilbert H. Kinney |
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New
York Movie 1939; Oil on
canvas, 32 1/4 x 40 1/8 in; The Museum of Modern Art, New York |
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Immagini
reali che rivelano la meticolosa attenzione di Hopper nel
raffigurarle in ogni più minuzioso dettaglio; |
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eppure
si scopre, nel ‘precisionismo’ dei suoi dipinti, un’atmosfera
estraniata, vagamente metafisica, che rende quei paesaggi e
quegli individui come sospesi, smarriti nel disincanto, nell’amarezza…
dei sogni delusi. |
Chair
Car 1965;Oil on canvas,
40 x 50 inches; Private collection |
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I
nottambuli" del 1942, considerato il capolavoro dell’artista,
ritrae l’angolo di una strada di notte. Attraverso la vetrata di
un locale sono visibili quattro personaggi, ognuno dei quali sembra
essere assorto nei propri pensieri. L’atmosfera è misteriosa e
sospesa, come in altre tele dell’artista, dalle quali sembra
emanare un silenzio d’attesa.
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spiando la vita dall’esterno
come nel capolavoro del ‘42 ‘Nottambuli’ (‘Nighthawks’)
dove il barman serve una coppia silenziosa… gli ultimi tristi
avventori di una notte solitaria e rischiarata dalla luce gelida del
neon.
oppure
come la luce, quella artificiale di una stanza o di un bar si
propaghi dalla vetrata nel buio della notte
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People
in the Sun 1960 oil 102.6
x 153.4 cm
National Museum of American Art, Smithsonian Institution |
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Questa tela ha svariati motivi di interesse (artistici, tecnici e
storici); ma quello che mi ha incuriosito di più è il titolo, che
deriva dall'insegna del locale e proba- bilmente dalla tazza sul
tavolo.
"Chop Suey" è un piatto tradizionale cinese che non fa
parte della tradizione culinaria cinese; ovvero, è un piatto
tradizionale cinese originario della tradizione culinaria dei cinesi
degli Stati Uniti e pare che in Cina nessuno lo conosca con quel
nome.
Ci sono diverse leggende sulla sua origine: si dice che un giorno un
importante cittadino cinese fosse stato invitato a pranzo alla Casa
Bianca; non trovando nulla di suo gusto tra le portate servite,
l'uomo andò in cucina e si preparò qualcosa di più consono alle
sue papille con quello che c'era a disposizione.
Un'altra storia riguarda Li Hung Chang, cuoco dell'ambasciatore
cinese negli USA, che
per un pranzo di gala nel 1896 ricevette l'incarico di ideare un
piatto che potesse incontrare sia i gusti cinesi sia quelli
americani.
Più probabilmente, si tratta di un cibo cucinato nell'800 negli
Stati Uniti da immigrati cinesi al lavoro nelle miniere o addetti
alla costruzioni delle ferrovie, mettendo in comune quello che
ognuno aveva a disposizione al momento. Quando gli americani
chiesero quale fosse il nome di quella specie di minestra, i cinesi
risposero qualcosa che suonava più o meno come "Chop Suey",
espressione molto indicata che significherebbe "un po' di
questo e di quello".
Il "Chop Suey" ebbe un discreto successo e, quando i
ristoranti cinesi cominciarono a essere frequentati dagli americani,
entrò a far parte dei menù "ufficiali".
Tutte le versioni sembrano concordare su un punto: non esiste una
ricetta precisamente definita del "Chop Suey", dato che
ognuno lo faceva con quello che capitava a tiro; comunque, in genere
è costituito da diverse verdure (peperoni, cipolle e altro) fatte
saltare in un wok, a cui successivamente si aggiunge un brodo
vegetale e salsa di soia. Pare che l'unica indicazione veramente
importante sia quella ovvia di rispettare i tempi di cottura,
mettendo per primi gli ingredienti che ci mettono meno a cuocere.
Insomma, il "Chop Suey" è un cibo tradizionale per i
cinesi quanto lo sono per gli italiani gli "Spaghetti
Bolognese", piatto servito un po' in tutto il mondo, tranne che
naturalmente in Italia. |
Chop
Suey 1929;
Oil on canvas, 32 1/8 x 38 1/8 in; Collection Barney A. Ebsworth |
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Tutto
appare fermo come se il tempo restasse bloccato nella dimensione di
un paradosso esistenziale senza ieri, né domani…cristallizzato
in quell’istante che l’artista ha fissato per sempre nell’inquadratura
immobile di un fotogramma. |
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E’
il suo modo impassibile, fotografico di guardare la realtà,
spiando la vita dall’esterno |
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Mentre
l’Informale si affermava negli anni ’50 come la tendenza
artistica dominante, Edward Hopper restava fedele al suo modo
oggettivo di costruire la pittura, continuando a raffigurare la
propria visione interiore e quella del mondo realisticamente sino
alla fine, avvenuta nel suo studio newyorchese il 15 maggio 1967. |
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