Giornalista e poetessa
Libanese, responsabile delle pagine culturali del più importante quotidiano del suo paese, An Nahar, amministratrice dell’lpaf, la sezione araba del Booker Prize, traduttrice, poetessa e narratrice, tradotta in molte lingue, vincitrice nel 2006 dell’Arab Press Prize, Joumana Haddad (Beirut 1970) è conosciuta dal pubblico italiano soprattutto per la sua partecipazione a numerosi Festival e per essere stata l’autrice di una serie dì corrispondenze per il Corsera ,durante l’ultima guerra tra Israele e Libano, nel 2006, tra cui una fiera, tagliente, indimenticabile, lettera ad Amos Oz. Non a caso le due recenti raccolte dedicate alla scrittura araba contemporanea (Oscar Mondadori) si aprono entrambe con suoi scritti ed una, proprio da un suo verso, Non ho peccato abbastanza ,trae il suo titolo.
La scrittrice ha fondato una rivista araba dedicata all'erotismo e alle scritture del corpo. Il primo numero sta per uscire in Libano e le minacce sono già arrivate
fare conoscenza con la poesia e la scrittura di
Joumana Haddad, libanese, oggi considerata una del. le più
importanti autrici arabe contemporanee, significa fare i conti con
parole scomode e a volte crudeli, ma avvolgenti, vibranti; parole
dai significati e dalle forme capaci di essere sempre là dove il
lettore meno si aspetta che siano, impreviste e imprevedibili,
taglienti, decisive, graffianti, ma anche sensuali, calde,
avvolgenti. Leggere i suoi versi, in arabo, come in francese, in
inglese, o in italiano, lingue in cui pure compone, è accettare di
fare i conti con lo stupore del dolore e con la spudoratezza del
piacere, con la strozzatura della disperazione e con il respiro
della speranza. Per lei poesia è sinonimo di passione, di rischio,
di conoscenza e di intenso erotismo.
La incontriamo in una piccola casa bianca dalle finestre blu, di
fronte al mare, perché proprio in questi giorni sta per essere
pubblicato in Libano il primo numero della rivista da lei creata e
diretta, Jasad , un’impresa spericolata e pericolosa, ma
necessaria e affascinante- una rivista in lingua araba dedicata alle
scritture del corpo e dell’erotismo, pubblicata proprio al
crocevia di tuffi gli integralismi, una rivista che strappa con
decisione il chador dagli occhi e il velo dalle coscienze di ogni
compromesso con gli steccati ‘morali’ che fanno del corpo (e
delle scritture del corpo e sul corpo) il luogo del diabolico, l’oggetto
di ogni interdetto.
Lei accende il suo sigaro, si versa un bicchiere divino bianco di
Ischia e l’intervista può cominciare...
La
sua è una poesia davvero particolare, è fatta di una lingua che
graffia,che lascia, letteralmente, il segno. Lei stessa hai detto
che scrive "con le unghie", può spiegarci quali sono le
caratteristiche principali della sua poetica?
"Non so se si possono "definire" veramente, le
caratteristiche di una poetica, spesso troppo lunatica e capricciosa
(almeno cosi la vedo io) per accettare di essere definita. Comunque
direi che nel mio caso essa risiede soprattutto nella fisicità
della parola e nella chimica del fuoco; nel rifiuto di delimitarsi,
rassegnarsi e stabilirsi; nella libertà assoluta (e terrorizzante)
di una mutabilità continua, di una precarietà minacciosa; nel non
voler essere lineare, prevedibile e afferrabile: insomma, nell’esercizio
dell’inquietudine, e nella disciplina della ricerca:
l’inquietudine come
motore di vita, e la ricerca come un perseguimento palpabile di me
stessa, cioè del mondo, del "tutto", attraverso la
cellula più piccola, più insignificante, dell’io. Perciò quest’atto
di scrivere con le unghie, perciò questa ferocia, o piuttosto
auto-ferocia: scrivere poesia è sempre stato, per me, sinonimo di
scavare dentro, nonostante il dolore, le ferite, la paura, i dubbi,
i vermi, la polvere, il buio. Scavare nella carne della carne dell’anima.
Nella carne della carne del corpo. Nella dame della carne dell’immaginario.
Scavare per scoprire cosa c’è sotto, non per arrivare alla fine
di un tunnel. Scavare con l’impazienza di una golosa, con la
sensualità di un’impudica, con l’umiltà di una perdente, e con
la spietatezza di una criminale. Scrivere è anche sinonimo di
sfidare. Sfidarmi. Sfidare gli altri non m’interessa. E, se a
volte provoco, questa provocazione è solo un ‘danno
collaterale", mai uno scopo in se stesso".
Il suo testo più conosciuto in Italia è "Il ritorno di Lilith" e lei spesso definisce se stessa una Lilith, la donna che venne prima di Eva, Lilith, la ribelle che non accettò di giacere con Adamo standogli sotto, colei che nessuno può prendere e che invece prende. Che significa, oggi, essere Lilith? E che significa esserlo in un paese così particolare come il Libano, certamente il più "europeo" dei paesi mediorientali, ma gomito a gomito con l’integralismo religioso?
"Significa, prima di tutto, "fare una scelta". E non sto parlando da un punto di vista femminista, ma più generalmente umano, che riguarda sia gli uomini che le donne. Fare la scelta di assumersi la responsabilità della propria individualità nei confronti dell’industria delle greggi, industria che si chiama ormai "mondo moderno". Fare la scelta di seguire la propria strada, anche se questa strada non convince gli altri, o li disturba. Fare la scelta di fuggire l’omogeneità, anche se il prezzo da pagare è la solitudine. Fare la scelta di esprimere le nostre differenze, e di esserne fieri. Fare la scelta di dire "no", anzi, di ruggire "no" ma anche "si" ,quando ci va di dire sì. Fare la scelta di abbandonare i paradisi artificiali per andare a vivere in inferni veri. In sintesi, essere Lilith significa rifiutare i limiti che ci sono imposti da altri, sfidare il terrorismo invisibile praticato dal mainstream , ed osare trasgredire le censure ed i tabù di ogni tipo: religiosi, politici, sociali, culturali".
E proprio da Lilith sembra partorito Il progetto di Jasad. Può spiegarci cos’è Jasad , quali sono i suoi obiettivi?
"Jasad, parola che vuole dire corpo in arabo, è una nuova rivista culturale trimestrale in arabo, che tratta delle arti e le letterature del corpo, quel corpo definito dal poeta Novalis come "l’unico tempio vero di questo mondo". Il corpo non solo nelle sue manifestazioni erotiche, ma in tutte le sue rappresentazioni. Forse non sarebbe opportuno parlare di obiettivi, non c’è e non ci sarà mai un’ideologia dietro Jasad, perché io non credo alle "cause" e alle lotte collettive, anche le più nobili. Diciamo che la rivista sarà una tribuna libera per gli scrittori liberi in lingua araba. E ne abbiamo tanti, al contrario di quanto si pensa in Occidente (molti sono i cliché da abbattere...). Hanno solo bisogno di spazio per esprimere questa loro libertà e la rivista vorrebbe contribuire a dare loro questo spazio vitale".
Quali sono state le reazioni in Libano a un’iniziativa tanto coraggiosa, ma che da certi ambienti potrebbe essere vissuta addirittura come una sfida? So che insulti e minacce non su sono fatti aspettare.
"Non si può
parlare ancora di reazioni vere e concrete, siccome il primo numero
non è uscito e c’è stato solo l’annuncio della nascita del
progetto su alcuni periodici e giornali. Comunque, già con il solo
annuncio, la rivista ha suscitato uno tsunami di commenti. Certo,
come dici, ci sono stati insulti di ogni tipo, o minacce di persone
scandalizzate, che non potevano capire i motivi di un’iniziativa
come questa. Ma devo dire che ci sono state anche tante reazioni di
appoggio e di splendido entusiasmo. E questo è normale. ll mondo ha
bisogno di fare rumore, ma noi dobbiamo continuare a camminare lo
stesso. La mia carriera finora non è stata delle più facili, per
tante scelte che ho fatto nella mia scrittura e nella mia vita, ma
anche perché sono nata in questa zona maledetta del mondo, dove le
faccende più semplici possono rivelarsi a volte una mission
impossible . Insomma, sono ormai abituata: la carovana passa, dice
un vecchio proverbio arabo, e i cani abbaiano, e ammetto che io
adoro combattere. La vita è anche un incontro di boxe. D’altra
parte, l’unanimità mi fa orrore. La considero un segno allarmante
e inquietante".
In Italia, come nel mondo arabo, l’influenza delle religioni e delle loro "morali" è sempre più evidente, a volte addirittura asfissiante. Come mai, a suo parere, un fenomeno del genere, che a volte assume aspetti "medievali", sta invadendo con arroganza territori che prima erano riservati alla cultura laica? È di nuovo il tempo di censurare Sade e Galileo, a Beirut come a Roma, a Parigi come al Cairo?
"Non pretendo di avere delle risposte. Ma guardo intorno a me, e sento dentro una grande rabbia. Penso che siamo tutti responsabili e probabilmente il fatto di non assumerci ognuno la propria responsabilità fa peggiorare la situazione. Ognuno vede nell’altro il demonio assoluto, e gli attribuisce tuffi i torti. Ma sono convinta di una cosa: la nostra salvezza, se salvezza c’è, (anche se non mi piace questa parola, e la sto utilizzando solo nel suo significato letterale), risiede nei valori illuministi, tolleranti e laici del continente europeo, di queste culture vostre, basate sulla libertà, sul rispetto dell’altro, sui diritti umani. Vedere questi valori sparire poco a poco proprio in certe parti d’Europa mi terrorizza".
L’intervista è finita, Joumana si alza e apre una delle finestre che danno sul mare, per lasciar uscire il fumo delle mie troppe sigarette e del suo sigaro, poi si gira verso di me e, congedandomi, mi sussurra, sorridendo con amarezza, quasi fosse un regalo privato, quelli che sembrano proprio i versi di una sua poesia, composti lì per li, nati da soli, per l’urgenza di capire, di scavare, di smascherare la vita e il destino, di mettere all’angolo lo spazio e il tempo, di trarre a riva, in salvo, un’ultima speranza: "Dimmi, Voce, quante grida occorrono per risvegliare una testa mozzata?".
Jasad.
JASAD è un trimestrale di cultura ed arte dedicato al corpo
che uscirà in Libano ai primi di ottobre. Nel sommario del suo
primo numero, oltre ai contributi creativi in versi ae prosa di
molti importanti scrittori di lingua araba provenienti da 10
paesi. Libano, Siria, Iraq, Giordania, Palestina, Marocco,
Tunisia, Egitto, Libia, e Arabia Saudita, come tra gli altri,
Tahar ben Jelloun, trovano spazio inchieste e saggi dedicati
all'industria del cinema porno e all'orgasmo
"meccanico", alla condizione degli omosessuali in
Libano, un'intervistaa C. Millet, uno studio sul rapporto tra
imene e mito, disegni, immaginie fumetti erotici. La rivista è
consultabile all'indirizzo : www.jasadmag.com.
l'indirizzo del sito di Joumana Haddad è: www.joumanahaddad.com
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