Iside
ISIDE
Ricerca di Manuela
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L'archetipo
Iside
appartiene alla categoria delle grandi Dee Madri, in quanto Dea di
fertilità che insegnò alle donne d'Egitto l'agricoltura.
Tuttavia le sue imprese e i suoi attributi fanno di Lei l'archetipo
per eccellenza dell'anima compagna. La sua devozione ad Osiride fu
tale che Lei potè salvarlo dalla morte per ben due volte,
ricomponendone i pezzi e restituendogli la vita.
Iside rappresenta la ricerca suprema dell'anima gemella, l'uso
consapevole del potere femminile dell'amore e del misticismo.
Il mito
Iside, originaria del Delta, è la grande Dea della maternità e
della fertilità nella mitologia egizia.
Forte dei suoi molteplici talenti e della sua magnificenza, Iside è
altresì rivelatrice della forza di una donna che ama e del potere
della sofferenza che tutto trasforma.
Iside dalle braccia alate, prima figlia di Nut, il cielo che tutto
abbraccia, e del dio della piccola terra Geb, nacque nelle paludi
del Nilo il primo giorno di uno dei primi anni della creazione.
Fin dal principio Iside rivolse un occhio benevolo sul popolo della
terra, insegnando alle donne a macinare il grano, a filare il lino,
a tessere e ad addomesticare gli uomini a sufficienza per riuscire a
vivere con loro. La stessa Dea viveva col proprio fratello Osiride,
dio delle acque del Nilo e della vegetazione che spunta
dall’inondazione delle sue rive.
Una volta raggiunta l’età adulta, Iside andò in sposa al
fratello Osiride. L’armonia che li circondava era tale che tutti
ne rimanevano piacevolmente coinvolti. Le loro giornate scorrevano
all’insegna del nutrimento del mondo; i poteri di Iside associati
a quelli di Osiride facevano sì che il cibo scaturisse a profusione
dal ricco suolo egiziano e dal fertile Nilo.
Le
loro notti erano scandite dall’estasi dell’amore; non vi era
luna o stella che potesse offuscare la loro passione.
Tutti amavano Iside e Osiride – tutti tranne Set, il loro
gelosissimo fratello.
Per
porre fine al loro dominio idilliaco, Set assassinò Osiride e ne
depose il cadavere in una bara, intorno alla quale, col tempo,
crebbe un grande albero.
La Dea, travolta dal dolore si tagliò i capelli e si strappò le
vesti soffrendo per la perdita subita. Setacciò ogni angolo alla
ricerca del suo innamorato e dopo molto vagare giunse in Fenicia,
dove la regina Astarte fu presa da pietà per lei senza tuttavia
riconoscerla e la prese come nutrice del principe ancora bambino.
Iside curò tanto bene il piccolo da metterlo come fosse stato un
ciocco nel focolare del palazzo, dove la madre, terrorizzata, lo
trovò fumante. Essa afferrò il piccolo e lo estrasse dalle fiamme,
annullando in tal modo la magia che Iside stava effettuando su di
lui per dargli l’immortalità. Iside fu chiamata a spiegare il suo
comportamento e così venne rivelata l’identità della Dea e
raccontata la sua ricerca. Allora Astarte ebbe a sua volta una
rivelazione: che il fragrante albero di tamarindo nel giardino
conteneva il corpo del perduto Osiride.
Iside riportò finalmente il cadavere in Egitto per sepellirlo ma il
malvagio Set non si diede per vinto: animato dalla più feroce
crudeltà, tagliò Osiride in quattordici pezzi che sparpagliò
attraverso l’Egitto.
Senza perdersi d’animo, Iside si trasformò in uccello e percorse
il Nilo in lungo e in largo, raccogliendo ogni frammento di Osiride.
Nel collocare ciascun frammento l’uno accanto all’altro,
servendosi della cera per unirli, Iside si accorse che mancava il
fallo di Osiride; per questo motivo, essa ne plasmò uno nuovo
usando l’oro e la cera.
Successivamente, grazie ai suoi poteri magici, Iside fece rivivere
Osiride per un breve lasso di tempo. Fu in questa occasione che
inventò i riti di imbalsamazione per cui gli egizi sono ancora
famosi e li eseguì sul corpo di Osiride, pronunciando delle formule
magiche: il dio risorse vivo come lo è il grano dopo le inondazioni
primaverili in Egitto. E la magia del loro amore le permettè di
concepire un figlio suo.
Quel bambino, il dio Horus con la testa di falco, divenne forte e
possente – e la sua forza lo spinse a vendicarsi di Set per
l’assassinio di Osiride. Ma Iside, madre di tutte le cose, non gli
permettè di distruggerlo fino in fondo.
Su Iside esiste un altro racconto.
Decisa ad avere il potere su tutti gli altri dei, essa forgiò un
serpente e lo mandò a mordere Rà, il maggiore degli dei.
Ammalatosi e sempre più debole, Ra mandò a chiamare Iside perché
applicasse i suoi poteri curativi alla ferita. Ma la Dea dichiarò
di non avere il potere di liberarlo dal veleno se non sapeva il nome
segreto del dio, il suo nome di potenza , la sua essenza. Ra esitò
e tergiversò, ma diventava senpre più debole. Infine in preda alla
disperazione fu obbligato a bisbigliare il nome a Iside. Lei lo guarì
ma Rà aveva pagato il prezzo per darle un potere eterno su di lui.
l culto
Il culto e la religione di Iside-Osiride fu molto lunga
(migliaia di anni) e subì forti variazioni fra la forma antica,
3000 AC e la forma ellenistica con misteri e iniziazioni (500 AC, di
cui abbiamo notizie da Plutarco).
Iside fu una delle divinità più famose di tutto il bacino del Mar
Mediterraneo. Dall'epoca tolemaica la venerazione per la dea,
simbolo di sposa e madre e protettrice dei naviganti, si diffuse nel
mondo ellenistico, fino a Roma. Da qui il suo culto, diventato
misterico per i legami della dea con il mondo ultraterreno e
nonostante all'inizio fosse ostacolato, dilagò in tutto l'impero
romano.
Quando era nata in egitto, il nome della Dea era Au Set che
significa regina eccellente o semplicemente spirito. Ma i greci
colonizzatori alterarono la pronuncia fino a farne il nome familiare
Iside, un nome che venne usato per generazioni allorchè il culto
della Dea si diffuse dal delta del Nilo alle rive del Reno. Come
Ishtar, anche Iside assume le identità di dee minori finchè fu
riverita come la Dea universale della cui femminilità totale le
altre dee rappresentavano solo dei singoli aspetti.
Essa divenne la signora dai diecimila nomi il cui vero nome era
Iside.
Poi crebbe diventando Iside panthea (tutte le dee).
Durante il suo sviluppo nell' impero romano il culto di Iside si
contraddistinse per processioni e feste in onore della dea molto
festose e ricche. Le sacerdotesse della dea vestivano solitamente in
bianco e si adornavano di fiori; a Roma, probabilmente a frutto
dell' influenza del culto autoctono di Vesta, dedicavano talvolta la
loro castita' alla dea Iside.
Nella forma più antica invece, Osiride era la Luna e Iside la
natura, Urikkitu, la Verde. Ma in seguito essa divenne la luna –
sorella, madre e sposa del dio della luna.
Era la moglie dolente e tenera sorella, era colei che apportava la
cultura e dava la salute.
Era il trono e la quindicina di dee. Era una forma di Hathor oppure
questa era una sua forma. Era anche Meri, la dea del mare e Sochit
il campo di grano. Ma rimase eternamente per i suoi fervidi seguaci
la venerata dea che era essa stessa tutte le cose e che aveva
promesso: “vivrete nella grazia, vivrete gloriosi nella mia
protezione e quando avrete compiuto tutto il tratto di via che vi è
stato assegnato e scenderete nel mondo sotterraneo, anche lì
vedrete me, così come mi vedete ora, splendente… e se vi
mostrerete obbedienti alla mia divinità, saprete che io sola vi ho
permesso di estendere la vostra vita al di là del tempo assegnatovi
dal vostro destino”.
Iside che vinse la morte per riportare il suo amato alla vita, può
con altrettanta facilità abolire la morte per i suoi seguaci pieni
di fede. Solo l’onnipotente iside era colei che poteva proclamare:
io vincerò il fato.
Attributi
Iside, La
luna, è anche Madre Natura, che è sia buona che cattiva. Tollera
tutte le cose, proprio come nel mito non permette a Hor di
distruggere fino in fondo il Tifone-Set, in quanto crescita e
decadenza sono le componenti inevitabili della natura.
Iside viene mostrata mentre decreta che non potrebbe esserci armonia
perpetua, se il bene fosse sempre nell’ascendente. Essa, al
contrario, delibera che vi sia sempre un conflitto fra le potenze
della crescita e quelle della distruzione.
Iside aveva due aspetti: Natura e Luna. Essa era la madre, la
creatrice, la nutrice di tutto, ed era anche la distruttrice.
Il suo nome, Iside, significa antico ed era chiamata anche Maat, che
significa Conoscenza o Sapienza.
Iside è Maat, la Sapienza Antica. Ovvero la sapienza delle cose
come esse sono e come sono state sempre, la capacità innata,
intrinseca di seguire la natura delle cose sia nella loro natura
presente sia nel loro inevitabile sviluppo nel rapporto reciproco.
E’ la sapienza dell’istinto.
Iside era vergine e madre, spesso rappresentata col bimbo in
braccio.
Iside, nel periodo del lutto, era vestita di nero, oppure era essa
stessa nera. Come la vergine nera dei santuari europei, che le è
così strettamente collegata, essa era una Dea della guarigione.
Di Iside era detto: “dove tu guardi pietosa, l’uomo morto
ritorna in vita, il malato è guarito”.
Le statue nere di Iside possiedono anche un altro significato.
Plutarco dice che “tra le statue quelle con le corna sono
rappresentazioni della sua luna crescente, mentre quelle vestite di
nero i modi occulti e nascosti in cui essa segue il Sole – Osiride
– e brama di unirsi con lui. In conseguenza a ciò essi invocano
la luna per le questioni amorose e Eudosso dice che Iside regna
sull’amore.”
Il velo di Iside
Il velo colorato di Iside è simile al velo di Maya di cui
parla la filosofia indiana.
Esso rappresenta le molteplici forme della natura nelle quali è
rivestito lo spirito.
L’idea è che lo Spirito Creativo si rivestì in forme materiali
di grande diversità e che l’intero universo che noi conosciamo fu
fatto in questo modo, è cioè la manifestazione, sotto forma
materiale, dello spirito del Creatore.
Plutarco disse : Iside è il principio femminile della natura e
quello che è in grado di ricevere tutto ciò che è creato; a causa
di ciò è stata chiamata “Nutrice “ e “Omni-ricevente” da
Platone…
Perciò la veste o velo di Iside è la forma continuamente mutevole
della natura, la cui bellezza e tragedia vela ai nostri occhi lo
spirito. Questo perpetuo gioco reciproco nel mondo manifesto, che
comprende gli oggetti esterni, gli alberi, le colline, e il mare,
come pure gli altri esseri umani ed anche noi stessi, i nostri
corpi, le nostre reazioni emotive, l’intero dramma del mondo, ci
sembra possedere una tale realtà assoluta che non pensiamo a
metterla in dubbio. Tuttavia in alcuni momenti di particolare
intuizione, indotti forse dal dolore o dalla sofferenza o da una
grande gioia, possiamo improvvisamente renderci conto che ciò che
costituisce l’ovvia forma del mondo, non è quella vera, quella
reale.
E’ detto che l’essere vivente viene afferrato nella rete o velo
di Iside, e ciò significa che alla nascita dello spirito, la
scintilla divina che è in ognuno, fu incorporata o afferrata nella
carne.
Iconografia
Iside è spesso simboleggiata da una vacca, in associazione con
Hathor, ed è raffigurata con le corna bovine, tra le quali è
racchiuso il sole. Nell'iconografia è rappresentata spesso come un
falco o come una donna con ali di uccello e simboleggia il vento. In
forma alata è anche dipinta sui sarcofagi nell’atto di prendere
l’anima tra le ali per condurla a nuova vita. Solitamente viene
raffigurata con una donna vestita, con in testa il simbolo del
trono, che tiene in mano un loto, simbolo della fertilità.
Frequenti anche le rappresentazioni della dea mentre allatta il
figlio Horo. Il suo simbolo è il tiet, chiamato anche nodo isiaco,
che si trova utilizzato per assicurare le vesti egiziane. L'esatta
origine del simbolo è sconosciuta, ma probabilmente rappresenta la
resurrezione e la vita eterna.
Simboli
Nei
rituali pubblici celebrati in suo onore, nella festa della fertilità,
e nel mese di Hathor, novembre, erano portati in processione un
fallo, rappresentante Osiride, e un vaso pieno di acqua che lo
precedeva. La coppa e il fallo sono gli eterni simboli della
generazione che ricorrono sempre. Li troviamo nei riti primitivi –
la torcia, che è chiamata l’uomo, e la coppa in cui penetra, che
è detta la donna. Il foro nella terra al centro dell’accampamento
in cui ogni soldato romano gettava la sua lancia; il calice del
santo graal, nel quale era conficcata una lancia che faceva
gocciolare eternamente sangue, la sacra fonte battesimale
fertilizzata dall’immersione della candela accesa.
Rito di Iside : la trasformazione di Osiride
Come accade da tempo immemore, l’intensa vicenda di
Osiride dona forza e speranza alle donne afflitte dalla perdita
dell’amato compagno. Essa ci svela in che modo possiamo far
scaturire la speranza dall’abbandono – come è avvenuto
attraverso la mistica resurrezione di Osiride operata da Iside.
Nell’antico Egitto, il mito di Iside e Osiride veniva proposto
ogni anno nell’ambito di un sontuoso rito in segno di lutto.
Questa cerimonia costituiva uno dei più importanti riti religiosi,
che permetteva a chi ne prendeva parte di sperimentare le dolorose
emozioni della dea mentre ricercava spasmodicamente il
marito-fratello, che poi avrebbe pianto con strazio immane. Gli
astanti percepivano altresì la gioia in seguito alla rinascita di
Osiride nelle sembianze del figlio Horus.
Quando non si è manifestato appieno il riconoscimento del dolore,
esso fluisce in tutti gli altri aspetti della vita, tingendola di
nero. La sofferenza di Iside durante la disperata ricerca di Osiride
da un capo all’altro del Nilo è indicativa del cupo viaggio che
dobbiamo intraprendere per affrontare il dolore e trasformarlo.
Onde favorire la trasformazione della pena che vi affligge, plasmate
un piccolo cuore – il vostro cuore infranto – utilizzando un
foglio di allumnio. Mentre scolpite questo talismano, pensate a
Iside e alla sua vicenda, ma pensate anche alla vostra vicenda. Fate
confluire nella vostra energia tutto il dolore del vostro cuore
infranto, con la saggezza che ne deriva.
Riempite quindi una ciotolina a fondo piatto con dell’acqua salata
come le lacrime. Al centro della ciotolina, ponete una candela larga
e massiccia. Accendete la candela. Dopo che si sarà sciolta una
minuscola quantità di cera, intingetela nel vostro talismano a
forma di cuore. Immaginate che la cera stia ricomponendo i frammenti
del vostro cuore, come ha fatto con il corpo di Osiride. Nel fare ciò,
dite:
Lacrime in acqua salata, cera in metallo
Iside, fai cessare le mie lacrime, trasforma il mio dolore.
Guarisci il mio cuore perché possa amare ancora.
A questo punto spegnete la candela.
Ripetete il rito della candela con il vostro talismano per
quattordici notti, aggiungendo man mano l’acqua salata che
occorre. Trascorso questo periodo, prendete il cuore coperto di cera
e seppellitelo vicino ad un albero affinché Iside lo possa trovare
e guarire, come ha fatto con Osiride. Infine versatevi sopra la
rimanente acqua salata.
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© 2007
Inserito nel sito www.ilcerchiodellaluna.it nel Settembre 2007
Tratto e riassunto da:
"il dizionazio delle Dee e delle Eroine" di Patricia
Monoghan
" I misteri della donna" M. Esther Harding
La Dea Interiore., Kris Waldherr
Wikipedia
Immagini:
Iside di Pamela Matthews
Iside e Osiride di Susan Seddon Boulet
Iside con ali: fonte sconosciuta
www.anticoegitto.net/ images/iside22.jpg
Iside, il cui nome significa 'Ultima Dea: fu adorata in Egitto per più di 7000 anni. Era chiamata 'la Signora dai Mille Nomi' perché si credeva che tutte le altre dee avessero le sue sembianze. Iside conosceva i poteri curativi delle piante ed era conosciuta soprattutto come guaritrice di bambini. Ella insegnava altresì alle donne come filare, tessere e coltivare i loro giardini. Questa è la storia della lealtà e dell'amore di Iside per il proprio marito, Osiride, e della nascita del loro figlio, Horus.
All'inizio vi era Nut, il Cielo Notturno. Nut diede la Terra alla sua prima figlia, Iside. "Queste terre sono tue" disse Nut "e le dovrai proteggere e nutrire." Nut diede le Acque della Terra al suo secondo figlio, Osiride. Fin dalla nascita Iside amò teneramente il fratello minore. Ella lo condusse al fiume Nilo e poi ad ogni pozza d'acqua del deserto perché conoscesse tutte le acque dell' Egitto. Ogni sera, quando il sole diventava rosso fuoco e dipingeva il cielo di porpora e d'oro, Iside teneva il fratello sulle ginocchia. Insieme aspettavano di vedere le stelle brillare sull' abito di Nut.
In seguito Nut partorì due gemelli, una femmina, Nebthet, e un maschio, Set. Sin dalla nascitia fu chiaro che Set era diverso dagli altri fratelli: i suoi capelli erano rosso fuoco mentre quelli dei fratelli erano di un nero corvino. La sua pelle era color del latte, mentre gli altri avevano una bella carnagione bruna. Set era di statura bassa ed era vivace e chiassoso. "Voi regnerete sui Morti" disse Nut ai gemelli. Nebthet ne fu felice, al contrario di Set, che voleva avere tutto ciò che possedeva il fratello Osiride. Divenuti adulti, Iside fu la regina d'Egitto ed Osiride il re. Iside amava occuparsi del giardino: raccoglieva le foglie secche e i boccioli e ne ricavava oli e tè curativi, ma un giorno il Sole bruciò ogni pianta nel giardino di Iside. Osiride vide quanto la regina ne fosse dispiaciutal e s'infuriò con il Sole. "lo ucciderò il Sole! Nessuno può offuscare la gioia della mia regina!" gridò. "Non puoi uccidere il Sole!" rise Iside . "Tutti gli abitanti della Terra devono avere calore ed acqua per vivere, lo sai. Il mio giardino ha bisogno solo di un piccolo corso d'acqua nelle vicinanze." "E allora lo avrai!" sentenziò Osiride. "Il fiume Nilo arriverà fino al tuo giardino! " Così chiamò i servi per scavare un solco lungo e profondo che partisse dal Nilo e, attraverso il deserto, arrivasse al loro giardino. Tanti si avvicinarono per osservare ciò che stava succedendo e alla fine il Nilo arrivò al giardino di Iside. Le foglie e le piante della regina ripresero colore. Iside sorrise ed abbracciò il suo amato sposo; la gente era contenta per lei. Set si tappò le orecchie per non sentire gli allegri commenti del popolo: egli voleva che tutti si rallegrassero solo per lui. E mai come allora volle diventare re. Così invitò Osiride ad una grande celebrazione . "Tutti ti amano, Osiride! disse al fratello. "Lascia che ti mostri quanto anch'io ti amo!" Quella notte Iside sognò i soldati di Set che circondavano Osiride. "Stai attento, mio amato!" lo mise in guardia. "Set è invidioso della tua felicità. Non fidarti di lui!" "Sei saggia a farmelo notare. Starò attento!" ti ringraziò Osiride. Nel palazzo di Set i tavoli erano coperti di piatti colmi di frutta fresca e di carne. Come sempre gli ospiti furono felici di vedere il re. Quando anche l'ultima fetta di torta fu consumata e gli ospiti erano sazi di birra, Set tolse la tovaglia dal tavolo a cui era seduto con il fratello. Sotto vi era un sarcofago tempestato di lapislazzuli e d'oro.
"Il sarcofago sarà di colui al quale si adatterà perfettamente" annunciò Set. Uno ad uno gli invitati entrarono nel sarcofago, che si rivelò troppo stretto o troppo largo o troppo lungo o troppo corto per ciascuno di loro. Giunse infine il turno del re. Ma Osiride, nonostante gli incitamenti di tutti gli ospiti, esitava, ricordando le parole di Iside. "E se fosse un trucco?" si chiedeva. Osiride guardò il fratello. Set aveva chiaramente fatto costruire il sarcofago apposta per lui. Non poteva proprio contrariarlo e deludere gli ospiti. Così entrò: era perfetto per lui! "Questo bellissimo sarcofago sembra fatto apposta per me!" commentò Osiride. " E lo è, infatti!" disse Set, chiudendo di scatto il coperchio. "Fammi uscire! In nome della regina, fammi uscire!" gridò Osiride. Ma nessuno lo poteva sentire. Vennero i soldati di Set e portarono il sarcofago sulle rive del fiume. Set era felice. "Spingetelo in acqua! Fate sparire per sempre il Re di Ieri!" Iside sentì le orecchie trillare: qualcosa non andava. Nelle ombre del tramonto ebbe la visione dei soldati di Set che circondavano Osiride. Iside alzò le braccia sulla testa e pronunciò il suo vero nome, Au Set. Subito apparvero due scintillanti ali Piumate al posto delle sue braccia. Poi, mentre abbassava le ali verso i fianchi, la regina rimpicciolì, riducendosi alla grandezza di una rondine, nella quale infine si tramutò. Quindi si innalzò verso il cielo e si diresse al palazzo di Set. All'interno del sarcofago Osiride sentiva che le correnti del fiume lo stavano risucchiando verso il fondo. "Dovevo rifiutare la birra che Set mi ha offerto!" si disse. "Avrei dovuto sapere che mi stava ingannando!" Osiride era pieno di rimpianto, ma non aveva paura.
Sapeva che Iside lo avrebbe trovato. Passarono i giorni. Iside continuava a volare; Osiride, chiuso nel sarcofago, pativa la fame e la sete e così iniziò a perdere le forze. Le correnti del fiume divennero più violente. Il sarcofago andò a sbattere contro il tronco di un tamarisco. Il povero re batté violentemente la testa, cadendo nel profondo sonno della morte. L'albero avvolse i suoi rami attorno al sarcofago e, passando i giorni, lo nascose completamente. Quando Iside arrivò, del tamarisco non restava che un grande ceppo: un taglialegna lo aveva tagliato e aveva portato via con sé la legna. Quella notte Iside si riposò in un canneto proprio vicino al ceppo e sognò Osiride all'interno del sarcofago, che a sua volta era rinchiuso in un alto pilastro di legno nel palazzo lì vicino. La regina si svegliò con un sussulto. La mattina la dama che abitava nel palazzo, vedendo la rondine che volava freneticamente attorno al pilastro, mise una ciotola d'acqua ai suoi piedi. "Che cos'hai, rondinella mia?" le chiese. Iside volò sul bordo della ciotola, poi vi si tuffò bagnandosi le piume. Aprendo le ali, riprese le sembianze di una donna alata in miniatura. Poi, in un battere di ciglia, ritornò alle sue vere dimensioni. La dama cadde in ginocchio: "Signora dai Mille Nomi! Che cosa mai vi ha condotta qui?" Iside le parlò del tradimento di Set ai danni di Osiride. "Sono sicura che il mio amato sposo è prigioniero in questo pilastro!" disse.
La donna chiamò i suoi servi tori perché abbattessero subito il pilastro e lo aprissero in due. Lì, infatti, c'era il sarcofago di lapislazzuli e d'oro e, all' interno, vi era il cadavere di Osiride. Iside pianse per il dolore. Poi mise il sarcofago su una barca a remi e iniziò il suo lungo viaggio sul fiume verso casa. Iside tenne nascosto il corpo di Osiride nel paludoso delta del fiume. Poi lo bagnò con acqua fresca e gli disse che sarebbe tornata presto. "Devo trovare le erbe curative da spargere sul tuo corpo, poi ti porterò alla Terra dei Morti." Ora, proprio quella notte, Set era uscito a cacciare. Quando vide il sarcofago di lapislazzuli e d'oro nella palude, non poté credere ai suoi occhi. "E' un incubo! Non può essere vero!" ringhiò, in piedi accanto al cadavere. "Come è riuscita Iside a trovarlo e a portarlo qui?" gridò, cercando la sua spada. "Non ti troverà, questa volta!" e così dicendo tagliò il corpo in quattordici parti, poi le gettò nel fiume. Iside sentì il cuore contrarsi in uno spasmo. Qualcosa non andava. Così tornò al fiume e lì trovò il sarcofago vuoto. La donna gridò tutta la sua rabbia. Sapeva esattamente che cosa era successo. Alzando le braccia pronunciò il suo vero nome e si buttò nel fiume. Le sue lunghe gambe si trasformarono nella potente coda di un pesce gigante e la dea nuotò nelle acque del Nilo alla ricerca del corpo del suo amato sposo. Raccolse uno ad uno i quattordici pezzi in cui era stato tagliato il corpo di Osiride e, insieme alla sorella Nebthet, lo ricompose. Iside cantò il 'Canto per una Nuova Vita' per tutto il giorno e tutta la notte. Alla fine Osiride aprì gli occhi. Poteva a malapena sollevare la testa. La sua voce era solo un sussurro. Iside lo abbracciò con delicatezza e lo amò. Poi Osiride morì. Ormai non c'era più niente che Iside potesse fare per lui. Mentre spalmava gli unguenti sul suo corpo la regina cantava e cantò anche quando lo appoggiò sulla barca di Nebthet; poi cantò percorrendo tutta la strada che giungeva fino al Mondo degli Inferi. Mentre Iside lasciava Osiride al suo destino, percepì che un figlio cresceva dentro di lei. "Il nuovo re!" pensò tra sé e sorrise. Poiché sapeva che Set sarebbe stato geloso di quel figlio, Iside rimase nel deserto fino alla nascita di Horus. Il bambino era gracile e debole: il suo corpo bruciava per la febbre ed era scosso da tremiti. Iside lo curò, lo accudì e gli sussurrò parole dolci. Poi gli cantò il 'Canto della Lunga Vita' e lo nutrì con erbe medicinali finché non fu guarito. Ogni sera, quando il sole diventava rosso fuoco e dipingeva il cielo di porpora e d'oro, Iside teneva il figlio sulle ginocchia insieme aspettavano di vedere le stelle brillare sull' abito di Nut.
Appena il bambino seppe camminare Iside lo condusse a conoscere tutte le terre e le acque d'Egitto, poi gli insegnò il nome delle piante e i segreti della raccolta dei semi, delle radici e dei boccioli. Gli spiegò come usare le piante per curare ogni malattia, infine gli insegnò tutti i canti magici che conosceva. Naturalmente Set era geloso del nipote e un giorno, quando Horus era ormai adulto, lo sfidò a duello per la conquista del trono. "Non devi preoccuparti, figlio mio! Set è ormai vecchio e tu sei giovane e forte!" lo rincuorava Iside. E infatti Set fu sconfitto dal nipote. Iside divenne regina d'Egitto accanto al re suo figlio e insieme regnarono per migliaia di anni. I suoi poteri curativi e il suo amore eterno verso Osiride la resero una delle dee più amate di ogni tempo.
ISIDE "REGINA CAELI"
I nomi della Grande Madre sono tanti: Inanna per i Sumeri, Ishtar per gli Accadi, Anat ad Ugarit, Atargatis in Siria, Artemide-Diana ad Efeso, Baubo a Priene, Aphrodite-Venere a Cipro, Rea o Dictinna a Creta, Demetra ad Eleusi, Orthia a Sparta, Bendis in Tracia, Cibele a Pessinunte, Ma in Cappadocia, Bellona a Roma.
In Egitto il suo nome è Iside. Figlia di Nut, dea del Cielo, e di Geb, dio della Terra. Sposa di Osiride, ucciso da Seth, dio del deserto, e risorto per opera della stessa Iside.
Iside è la madre di Horus, il dio fanciullo che appare in numerose rappresentazioni in braccio ad Iside che lo allatta. Osiride si reincarna in Horus, nato dall'unione con Iside dopo la resurrezione.
La triade Iside, Osiride ed Horus rappresenta la continuità della vita, la vittoria sulla morte, la vita oltre la morte.
Con l'avvento della dinastia tolemaica (323 a.C.) il culto di Iside si diffuse in tutto il Mediterraneo. Iside divenne il prototipo della Madre e del Figlio.
Si trovano testimonianze del culto di Iside ad Atene, a Titorea presso Delfo (dove si trovava il più sacro dei santuari greci di Iside), in molti centri della Grecia, nelle isole dell'Egeo (in particolare a Delo), in Asia Minore, in Africa settentrionale, in Sicilia, in Sardegna, in Spagna, in Italia (soprattutto in Campania a Pompei, Pozzuoli, Ercolano), in Gallia e in Germania.
A Roma il culto ebbe un grande successo. Verso l'88 a.C. era in funzione a Roma un collegio di pastophori: una confraternita di sacerdoti che portavano nelle processioni piccole edicole con le immagini divine.
Nel 65 a.C. un altare dedicato ad Iside sul Campidoglio venne distrutto per ordine del Senato.
I seguaci di Iside, appartenenti a tutte le classi sociali, furono coinvolti nelle lotte politiche e sociali degli ultimi tempi della Repubblica. Il Senato ordinò la distruzione di templi, altari e statue della dea nel 58, nel 54, nel 50 e nel 48 a.C.
Nel 50 a.C. il console Emilio Paolo non trovò nessun operaio disposto ad abbattere il santuario di Iside.
Nel 43 a.C. i triumviri (Antonio, Ottaviano e Lepido) promisero di consacrare un tempio isiaco a spese della Repubblica. Ma la promessa non venne mantenuta.
Dopo la battaglia di Azio (31 a.C.) e la morte di Cleopatra (69 a.C.-30 a.C.) e di Antonio (81 a.C.-30 a.C.) le persecuzioni contro i culti greco-egiziani ripresero.
Nel 28 a.C. Augusto (63 a.C.-14 d.C.) proibì il culto di Iside entro il recinto sacro della città (pomoerium).
Nel 21 a.C. Agrippa, in assenza di Augusto, proibì i culti alessandrini entro un chilometro e mezzo dalla città.
Nel 19 d.C. Tiberio (42 a.C.-37 d.C.) fece demolire il tempio di Iside e gettare nel Tevere la statua della dea.
La situazione cambiò con Caligola (12-41), pronipote di Augusto e di Antonio, che costruì un grande tempio dedicato ad Iside in Campo Marzio: l'Iseo Campense.
Claudio (10 a.C.-54 d.C.), Nerone (37-68) e Vespasiano (9-79) diedero il loro appoggio al culto della dea. Vespasiano, prima di festeggiare insieme al figlio Tito la vittoria sugli ebrei ribelli, trascorse una notte di preghiera nell'Iseo per ringraziare la grande dea. Nel 71 venne coniata una medaglia con l'Iseo Campense.
Domiziano (51-96) si salvò dai partigiani di Vitellio nascondendosi in una processione isiaca. Quando l'Iseo Campense venne distrutto da un incendio nell'80 d.C. Domiziano lo ricostruì.
Nel secondo secolo d.C. Roma divenne il centro della religione di Iside: divenne la sacrosancta civitas secondo la denominazione di Apuleio nelle Metamorfosi.
Adriano (76-138) volle costruire nella sua villa imperiale di Tivoli un Canopo in miniatura culminante in un Serapeo. Nel 126 inaugurò un santuario dedicato ad Iside a Luxor. Nel 127 fece costruire ad Ostia un Iseo.
Marco Aurelio (121-180) invocò l'ausilio degli dei egiziani per salvarsi durante una crisi militare in Bosnia.
Commodo (161-192) si fece rasare come un pastoforo. Le monete del suo tempo lo mostrano in compagnia di Iside e di Serapide.
Settimio Severo (146-211) favorì il culto isiaco. Sulle monete di Julia Domna, seconda moglie dell'imperatore, si vede Iside che allatta Horus.
Caracalla (188-217) riammise il culto isiaco entro i confini sacri della città di Roma. La religione della grande dea raggiunse il suo apogeo.
Alessandro Severo (208-235) restaurò l'Iseo Campense e gli altri templi della dea.
Diocleziano (245-316), che regnò fino al 305 d.C. quando decise di abdicare, costruì probabilmente l'Iseo della III Regio (quartiere) di Roma. Fece coniare molte monete con la dea Iside.
In tutto l'Impero Romano si ritrovano simboli della dea su gioielli, spille, fermagli, anelli. Vennero costruiti santuari, statue e monumenti in molte località.
Due solenni festività legate a Iside venivano celebrate nell'Impero Romano: il Navigium, o vascello di Iside, il 5 marzo e l'Inventio di Osiride, dal 29 ottobre al 1° novembre.
Questa felice era ebbe termine nel 312 con l'avvento al trono di Costantino (280-336).
Dopo l'editto di Costantino (313 d.C.) i cristiani iniziarono a perseguitare le altre religioni.
Nel 380, con l'editto di Tessalonica, Teodosio (347-395) dichiarò il cristianesimo religione di stato. Tutti gli altri culti furono proibiti, i templi distrutti, le statue abbattute, i sacerdoti e i fedeli processati dalle autorità o linciati dalle folle guidate da vescovi e monaci fanatici.
Nel 391 Teofilo, il patriarca cristiano di Alessandria, chiamò i monaci a "purificare" la città del Serapeum.
Nel 394 vennero celebrati gli ultimi riti ufficiali in onore di Iside a Roma.
Nel 396 il barbaro Alarico, re dei Goti, al cui seguito erano gli "uomini vestiti di nero" (i monaci cristiani), incendiò il santuario di Eleusi.
Nel 415 un gruppo di monaci cristiani, seguaci del patriarca di Alessandria, Cirillo, linciò Ipazia (370-415), donna che aveva raggiunto una grande fama nella filosofia e nella matematica, figura rilevante della scuola neoplatonica, esponente del mondo intellettuale pagano. Con la sua morte iniziò il declino di Alessandria come centro culturale.
Nel 536 l'imperatore Giustiniano (483-565) ordinò la chiusura dell'ultimo tempio di Iside, situato nell'isola di File sul Nilo ai confini con la Nubia, e lo fece trasformare in una chiesa cristiana.
Era finito per sempre il culto della "Dea dai molti nomi"?
Nel 431 i vescovi cristiani si erano riuniti ad Efeso, la città sacra alla dea Artemide, una delle manifestazioni della Grande Madre. Il Concilio decretò che Maria, madre di Gesù, doveva essere chiamata Theotokos, Mater Dei, Madre di Dio. L'antico titolo della grande dea Iside.
REGINA
CAELI LAETARE
REGINA DEL CIELO RALLEGRATI
Iside
che allatta Horus
(Pittura murale - Epoca romana - Karanis, Fayyum)