onore alla prudenza di un genio nato nel 1809
"La Scimmia. L’Uomo. Darwin"
Convegno organizzato dal Centro di Ricerche Storiche d’Ambra - - Viaggio alle Isole Galàpagos come momento culminante del Giubileo Laico 2000
Proseguono i meeting culturali incentrati sul <<Giubileo laico 2000>>, leitmotif dell’anno in corso, presso il Centro di Ricerche Storiche d’Ambra. L’oggetto dell’incontro, La Scimmia. L’Uomo. Darwin, ha registrato un folto pubblico interessato e attento alla tematica trattata sapientemente dal prof. Pietro Greco e dalla dr.ssa Teresa Gravante. Ad aprire i lavori è stato l’avv. Nino d’Ambra, promotore e coordinatore della animata e interessantissima serata. Nella sua introduzione, viva ed efficace come sempre, ha evidenziato l’attualità della teoria darwiniana, accennando brevemente ai suoi molteplici risvolti spesso oggetto di dibattiti e di opposte argomentazioni che investono sì il campo scientifico ma anche quello etico e religioso.
Teresa Gravante, presidente dell’Associazione Prometeo , ha presentato Charles Darwin dal punto di vista umano e da quello storico-filosofico. Il suo discorso, ampio e articolato, ha suscitato vivo interesse e spunti di riflessione. Per le sue argomentazioni, ha iniziato da un’annotazione estratta dal Notebook di Darwin e datata 1838: "L’uomo nella sua ambizione, si considera una grande opera, degna dell’intervento della divinità. Più umile ed io ritengo, più verosimile ritenerlo creato dagli animali". A partire da questa frase la giovane presidente ha toccato le varie tappe del gentleman inglese del XIX secolo che fu anche, come lei lo ha definito, un <<rivoluzionario suo malgrado>>: dall’infanzia, ai non brillanti studi a Cambridge, al viaggio sul Beagle durato cinque anni che fu la svolta nella sua esistenza, in quanto gli consentì di osservare condizioni geografiche (quelle delle famose isole Galàpagos) che rendevano evidente il cambiamento evolutivo della specie. Nel 1859 pubblicò L’Origine della specie e negli anni ’70 L’Origine dell’uomo . Entrambe le opere sintetizzano una tesi (poi rilevatasi estremamente esatta) sconcertante per l’epoca: il mondo non era sempre stato così come lo vedevano nel XIX secolo, le specie si erano evolute nel tempo in seguito a fattori ambientali. Il cambiamento evolutivo, avvenuto in maniera del tutto casuale, secondo la selezione naturale che favorisce la sopravvivenza degli individui forti a scapito di quelli deboli, fu una scoperta che scardinava completamente tutte le filosofie antropocentriche precedenti: l’uomo si era evoluto come una specie tra le specie a partire da un ceppo affine a quello dei gorilla. Non solo: Darwin scardina, suo malgrado, anche l’intervento divino in quanto l’unica legge era (ed è) quella della selezione naturale e nessuna "meno invisibile" muove l’evoluzione secondo un <<disegno preciso>>. Ed è per questo, conclude la Gravante, che la sua figura umana e scientifica, si presta e si presterà a molteplici dibattiti in campo etico, scientifico e religioso.
L’avv. d’Ambra, sempre alla ricerca di verità storiche scientificamente documentate nell’avido interesse per tematiche culturali le più varie, ha riferito, fra l’altro, che di recente tre scienziati francesi ( Jean Chaline paleontologo, Laurent Nottale cosmologo matematico e Pierre Grou economista) hanno dimostrato con formule matematiche collegate alla teoria dei "frattali", la fondatezza delle intuizioni darwiniane sull’evoluzione della specie. Indi ha introdotto il dr. Pietro Greco giornalista scientifico e profondo conoscitore della dottrina evoluzionistica di Darwin, soffermandosi sul libro, scritto appunto dal Greco, "Evoluzioni. Dal Big Bang a Wall Street. La sintesi impossibile" nel quale l’autore, con ampio respiro e profonda conoscenza ed elaborazione dei concetti darwiniani, tratta la teoria dell’evoluzionismo con estrema chiarezza espositiva. Ed è lo stesso tipo di comunicazione scientifica, precisa e nello stesso tempo accessibile a tutti, che tiene l’audience in religioso silenzio, affascinata dall’argomento, quando il prof. Greco si addentra nel suo discorso sull’attualità del darwinismo. Tutti sappiamo - ha detto, fra l’altro, l’oratore - che le specie viventi, proprio come gli individui, nascono, si modificano nel corso del tempo e , infine, muoiono. Questa concezione evolutiva della vita, che oggi è diventata senso comune, è una conquista intellettuale piuttosto recente, almeno in Occidente. La dobbiamo a un naturalista inglese, Charles Darwin, che l'ha proposta in un libro pubblicato nel 1859 e destinato a diventare famoso: <<Sull'origine della specie>>.Egli non è stato il primo a formulare l'ipotesi che le specie viventi cambino nel tempo. Tra la fine del '700 e l'inizio dell'800, molti studiosi cominciarono a ritenere non più sostenibile l'ipotesi che le specie viventi sono immutabili nel tempo e completamente distinte le une dalle altre. Charles Darwin non è stato neppure il primo a fornire una teoria scientifica organica e coerente dell'evoluzione biologica. Almeno mezzo secolo prima di lui il francese Jean-Baptiste de Lamarck aveva elaborato una teoria organica con cui spiegare i fatti nuovi proposti dallo sviluppo delle conoscenze in geologia e dal ritrovamento di animali fossili appartenenti a specie non più viventi. Lamarck ipotizzò l'esistenza di una tendenza al progresso che imponesse alle specie di adattarsi all'ambiente e ipotizzò anche la trasmissione alla prole dei nuovi caratteri acquisiti dagli individui in questa trasformazione. Nessuna delle due ipotesi di Lamarck si è rivelata corretta. Ma al francese resta il merito di aver impostato in termini scientifici il problema dell'evoluzione biologica e di aver dato un formidabile contributo a rompere il clima culturale che impediva di accettare questa idea davvero rivoluzionaria.
Nel 1859,- ha continuato Pietro Greco- cinquant'anni dopo Lamarck, Charles Darwin ha elaborato un'altra teoria scientifica, organica e coerente, dell'evoluzione biologia. Questa teoria rappresenta, a mio avviso, uno dei più grandi successi del pensiero umano di tutti i tempi. Sia perchè, ancora oggi, la teoria di Darwin è il fondamento delle scienze biologiche. Sia perché Darwin ha riconsegnato l'uomo alla natura, spodestandolo dal trono che l'uomo si era costruito sulla natura e fuori dalla natura. Si è detto che Darwin abbia detronizzato, in un colpo solo, l'uomo e Dio. Ha detronizzato l'uomo perchè ha dimostrato che la sua è una specie tra le altre specie di viventi. E ha detronizzato Dio, perchè ha proposto un meccanismo di evoluzione della vita che sostituisce la mano divina, invisibile e onnipotente. In realtà Darwin ha dato un contributo formidabile e impagabile all'uomo nella comprensione della propria natura, materiale e spirituale. E ha contribuito non a detronizzare Dio, ma a razionalizzare un'immagine molto ingenua di Dio e del suo intervento nel mondo.
Nel formulare la sua teoria Darwin è partito da osservazioni abbastanza semplici. In primo luogo, avendo letto Malthus, si è reso conto che la popolazione di una qualsiasi specie vivente, avendo spazio e risorse, tende a crescere molto rapidamente. Mentre in natura è facile verificare che le popolazioni sono abbastanza stabili nel tempo. Le risorse, infatti, sono limitate. Competizione tra gli individui di una specie per accaparrarsi le risorse. E solo alcuni hanno successo. Un successo che si misura non tanto in termini di sopravvivenza dell'individuo quanto in termini di capacità riproduttiva. In termini di popolazione, i più bravi nella lotta per la sopravvivenza sono quelli che hanno il maggior successo riproduttivo. La seconda osservazione é che molti caratteri dei genitori si trasmettono ai figli. Tuttavia i figli sono sempre un po' diversi tra loro e un po' diversi dai genitori. Ci sono modificazioni casuali e graduali che intervengono nel succedersi delle generazioni. E' chiaro, sostiene Darwin, che c'è un meccanismo di selezione che, mediamente, sancisce il successo riproduttivo degli individui più adatti. Ma è anche chiaro che la riproduzione con modificazioni può, al mutare dell'ambiente, far evolvere le specie. Questa è la teoria di Darwin: la teoria dell'evoluzione delle specie per selezione naturale e per riproduzione con modificazioni. Una teoria geniale, elaborata senza che Darwin avesse la minima idea sui meccanismi che rendono possibile la riproduzione con modificazioni, ha insistito Pietro Greco.
La scienza biologica ha avuto uno sviluppo enorme negli ultimi 150 anni. E questo sviluppo non ha fatto altro che confermare la teoria di Darwin. Giungendo, con la genetica e la biochimica, a spiegare i meccanismi molecolari che rendono possibile la riproduzione con modificazioni e, quindi, l'evoluzione delle specie.
Darwin, dunque, è più che mai attuale. Ciò non toglie che anche la sua teoria sia sottoposta a evoluzione. Per esempio molti, oggi, ritengono che la selezione naturale del più adatto sia il principale meccanismo dell'evoluzione biologica, ma non l'unico. In realtà lo stesso Darwin la pensava così. Fu infatti lui il primo a ipotizzare un diverso tipo di selezione che opera accanto (ma non contro) la selezione naturale del più adatto: la selezione sessuale. Oggi sappiamo che ci sono mutazioni neutre, cioè modificazioni genetiche che non sono sottoposte alla selezione naturale e che, tuttavia, nel tempo producono evoluzione e diversificazione delle specie. C'è poi il ruolo della storia. Cioè accadimenti imprevedibili, fuori dal meccanismo adattivo, che influenzano profondamente l'evoluzione. Si pensi al meteorite che 65 milioni di anni fa avrebbe fatto scomparire i dinosauri e lasciato spazio all'affermazione dei mammiferi. I mammiferi non si erano certo evoluti per sopravvivere all'impatto della Terra con un grosso oggetto cosmico. La storia, non la selezione naturale, li ha premiati.
Penso – ha concluso Pietro Greco - che la teoria di Darwin sia una teoria molto solida. Che sia una spiegazione sostanzialmente esaustiva dell'evoluzione biologica. Penso, quindi, che nella sua essenza sopravviverà allo sviluppo della biologia e all'irruzione di nuove conoscenze. Tuttavia anche la teoria di Darwin è soggetta alle leggi dell'evoluzione. Per cui in futuro nulla esclude che essa assuma forme un po' diverse. Un po' modificate. Anche se questo avverrà, la teoria elaborata da Darwin resterà una delle più grandi espressioni del pensiero razionale dell'uomo.
L’avv. d’Ambra ha ringraziato i relatori (applauditi calorosamente) ed ha illustrato lo scopo scientifico, storico ed umano del proposto viaggio alle Isole Galàpagos, come momento culminante del <<Giubileo Laico 2000>>, che non vuole essere, ha ripetuto, né antagonista, né sostitutivo, ma integrativo; avente per scopo principale il ricordo di quegli uomini che hanno patito persecuzioni e condanne a morte per le loro idee. Indi Rosa d’Ambra ha letto il lungo itinerario proposto per la eventuale escursione alle Galàpagos, dette anche Isole Incantate, con il motor yacht "Mistral"e i punti principali di approdo: Baia Darwin, Isole Genovesa, Ferdinandina, Isabela,Santiago e Bartolomè,Santa Cruz, Espanola,ecc..Accompagnati per tutto l’itinerario dalla Guida naturalistica della Stazione Scientifica Charles Darwin.
Il Convegno si è chiuso con un approfondito dibattito al quale sono intervenuti, fra gli altri, l’ing. Pino Di Meglio, le prof.sse Angiola Maggi e Lina d’Onofrio, l’ing. Angelo Caggiani e il prof. Nicola Lamonica. Tutti hanno apportato un proprio concreto contributo alle tematiche trattate. Alle numerose domande rivoltegli, Pietro Greco ha dato esaurienti e pertinenti risposte.
Il prossimo appuntamento culturale presso il Centro di Ricerche Storiche d’Ambra è per la seconda metà di giugno, alla scoperta dei Poeti dell’Isola d’Ischia.
Anna Maria Sepe torna su
L’Unità Mercoledì 24 MARZO 2004
La scuola licenzia Darwin - di Pietro Greco
Addio, Charles Darwin. Nelle scuole medie italiane - come, per una breve stagione, in quelle del Kansas - non si insegnerà più la teoria dell’evoluzione biologica. Nei libri di testo dei nostri ragazzi non è più previsto alcun accenno alla cespugliosa storia evolutiva della vita sulla Terra, alla modificazione incessante delle specie per quel gioco di “caso e necessità” di cui parlava Jacques Monod, a quell’ipotesi di discendenza dell’uomo dalla scimmia che tanto faceva soffrire l’iracondo vescovo Wilberforce. Via, tutto. Cancellato. I ragazzi non devono sapere.
Non conosciamo se a decretare il veto contro l’insegnamento di quella teoria darwiniana, che la comunità scientifica in tutto il mondo considera la base fondamentale del nostro sapere intorno ai fatti della vita, sia stata una qualche commissione distratta o una qualche autorità retrograda. Non sappiamo se a provocare la virtuale cancellazione di Darwin dai libri di scienze dei nostri ragazzi sia stato l’atto malaccorto di un burocrate sciatto o la decisione cosciente di un’autorità reazionaria. Fatto è che con la riforma Moratti la teoria dell’evoluzione delle specie per selezione naturale del più adatto esce dalla scuola italiana. I ragazzi non devono sapere. E neppure gli adulti. La notizia è, di certo, fragorosa: l’Italia opera una censura culturale che non ha riscontro in alcuna parte del mondo, Kansas incluso. Una mordacchia che neppure ai tempi di Galileo.
La teoria dell’evoluzione biologica di Charles Darwin non è solo una delle più grandi conquiste del pensiero scientifico, è anche una delle più grandi acquisizioni della cultura di ogni tempo. La sua teoria dell’evoluzione biologica ha contribuito a ridisegnare la visione che noi tutti abbiamo del mondo che ci circonda e di noi stessi. Darwin, per intenderci, siede al tavolo dei grandi del pensiero insieme ad Aristotele e a Kant, a Euclide e Gödel, a Galileo e Newton, a Platone ed Einstein. Cancellarlo dai libri di testo significa, né più né meno, cancellare un pezzo decisivo della cultura occidentale e della cultura tout court.
Per questo più assordante ancora dell’operazione di cassazione a opera del ministero dell’Istruzione è il silenzio che si è creato intorno alla vicenda. Nessuno ne parla. Né per condannare e neppure per applaudire. Come se cancellare un pezzo fondante della nostra cultura dai libri di testo fosse un’operazione normale. Come se cacciare Charles Darwin dalla scuola a un secolo e mezzo dalla pubblicazione di “Sull'origine delle specie”, fosse un'operazione non degna di alcun interesse. Come se cancellare il pensiero su cui si fonda la scienza emergente del XXI secolo, la biologia, potesse essere culturalmente sostenibile per un paese che si autodefinisce libero e avanzato.
Ora noi capiamo (ma non giustifichiamo, sia chiaro) il governo e gli ambienti culturali che lo sostengono. Da qualche tempo - intorno a quel governo, in quegli ambienti - spira un vago vento antievoluzionista. Che è come dire un vago eppure concreto vento antistorico e antiscientifico. Da qualche tempo a questo improbabile zefiro viene dato un certo spazio. Ricordate il convegno contro Charles Darwin organizzato nei mesi scorsi a Milano da frange di Alleanza Nazionale e ospitato dalla Provincia? E ricordate, che nei mesi scorsi, tra i massimi dirigenti del nostro massimo Ente pubblico di ricerca il governo Berlusconi ha nominato, per l’appunto, un antievoluzionista? Nessuna di queste (e altre) operazioni ha riscontro nei paesi occidentali. E neppure nei paesi islamici. O buddisti. O induisti. O animisti. Neppure nelle roccaforti dei creazionisti (il Kansas, il Texas e gli altri stati del Sud degli Usa) le istituzioni promuovono convegni contro l’evoluzionismo e pongono ai vertici della ricerca pubblica degli antidarwinisti. Non succede perché il pensiero di Darwin è, ormai, scienza consolidata e il creazionismo è un atto di fede. Un atto legittimo, sul piano religioso. Ma in nessun posto al mondo, ormai, neppure nelle teocrazie più fondamentaliste un centro di ricerca scientifica si regge su un puro atto fede.
Per intenderci, anche la Chiesa cattolica considera quella darwiniana un’ipotesi solida (anche se non completa). E, comunque, l’unica ipotesi scientifica in campo capace di spiegare i fatti noti della biologia. Per essere ancora più chiari: il cattolico Ludovico Galleni nel Dizionario interdisciplinare di Scienza e Fede pubblicato di recente dalla Urbania University Press e da Città Nuova a cura di Giuseppe Tanzella-Nitti e Alberto Strumia sostiene “l’accettazione ormai definitiva della prospettiva scientifica evolutiva” da parte del pensiero teologico. Cosicché il pensiero antievolutivo è l’epigone di un pensiero cristiano (cattolico e protestante) reazionario del tutto minoritario in ogni parte del mondo, Kansas compreso. Cosicché anche il governo Berlusconi non ostenta le sue ormai sistematiche gesta antidarwiniane. Non ha il coraggio delle proprie azioni. Le minimizza. Le fa passare in sordina. Quasi a farci intendere che dietro non c'è una precisa scelta culturale. Che si tratta solo di piccoli e innocui pegni da pagare ad ambienti di destra con idee più o meno bizzarre. Ed è così, in sordina, che il governo fa passare le nuove gesta didattico-pedagogiche che buttano fuori Darwin dalle scuole medie italiane.
Ma può la società italiana accettare che un atto politico - non si sa se (più) sciatto o (più) reazionario - metta la scolorina al grande quadro della teoria fondamentale della scienza emergente, la biologia, proprio come in Unione Sovietica i burocrati zelanti cancellavano con la scolorina dalle foto ufficiali i politici caduti in disgrazia agli occhi di Stalin? Può accettare che i suoi ragazzi si formino senza aver mai sentito parlare di Charles Darwin e della sua teoria evoluzionista in un’epoca in cui la scienza biologica disegna gran parte della frontiera sociale ove si incontrano cultura, etica e persino economia?
La domande sono certamente retoriche: no che l’Italia non può accettarlo. Non senza combattere, almeno. Le risposte, invece, sono avvilenti. La cancellazione con la scolorina della figura di Charles Darwin dalla grande foto della storia surrettiziamente proposta ai ragazzi della scuola media non ha suscitato una grande reazione di ripulsa nell’opinione pubblica e nei media. È come se un po' tutti fossero rassegnati a questo improbabile revisionismo. A questo revisionismo vigliacco che preferisce non parlare di Darwin piuttosto che sfidarlo in campo aperto. E così molti - troppi - tacciono, facendo finta, proprio come accadeva in Urss, di non vedere. Di non vedere che qualcuno - non si sa se più per sciatteria o più per spirito reazionario - sta manipolando la scienza e la storia. Che qualcuno sta minando alla base la cultura - e il futuro - dei nostri figli. È davvero assordante questo silenzio. torna su
19
Novembre 2005 L'Unità
Padre Coyne:
«Ma Dio non è un designer»
19/11/05 INTERVISTA con il gesuita, astrofisico, direttore della
Specola Vaticana e consigliere scientifico di Woytjla. «Vi spiego
perché Darwin non è in contrasto con la fede» (di Pietro
Greco)
L’Intelligent
Design? Una mera ipotesi religiosa, non un’ipotesi scientifica,
proposta da un movimento molto ricco e molto potente. Darwin a
scuola? Chi lo vuole cacciare, vuole cacciare la scienza dalla
scuola. Il conflitto tra scienza e fede? È sempre frutto di
ignoranza. La risposte, piuttosto secche, non sono di un inguaribile
laicista. Ma di un raffinato e influente intellettuale cattolico:
padre George Coyne, gesuita, astrofisico, direttore della Specola
Vaticana e ascoltato consigliere scientifico di Giovanni Paolo II.
Negli Stati Uniti il presidente George W. Bush vuole affiancare il
creazionismo all’insegnamento di Darwin nelle scuole. In Italia il
ministro Letizia Moratti ha cercato di escludere Darwin dalle scuole
medie. Mentre la scorsa estate il cardinale di Vienna, Christoph Schönborn,
per spiegare l’evoluzione biologica ha fatto propria un’ipotesi
alternativa al darwinismo, fondata sull’Intelligent Design: ovvero
sulla presenza di un progetto (e di un Progettista) nelle vicende
cosmiche. La confusione sollevata da questi interventi politici e
religiosi è grande. E i rischi culturali altissimi.
Padre Coyne, Lei pensa che quella darwiniana dell’evoluzione
biologica sia una teoria scientifica o una mera ipotesi?
«La teoria neodarwiniana dell’evoluzione biologica è una teoria
ben stabilita. Certo, ci sono dubbi su singoli aspetti, ma è la
teoria migliore che abbiamo per spiegare i fatti noti della vita. I
fatti e le osservazioni raccolti in maniera indipendente da varie
scienze - e sono davvero tante queste scienze: geologia,
paleontologia, astrofisica, biologia molecolare, chimica, cosmologia
- convergono tutti nel corroborare la teoria evoluzionistica di
Darwin. Per cui non c’è dubbio alcuno: il neo-darwinismo è una
teoria scientifica consolidata».
Questa teoria deve essere insegnato nelle scuole?
«Assolutamente sì. Nelle scuole occorre insegnare la scienza se
vogliamo dare ai nostri giovani una visione critica del mondo che li
circonda. E dobbiamo insegnare la teoria neodarwiniana
dell’evoluzione biologica, che è quanto ci dice la scienza sui
fatti della vita».
Padre Coyne, Lei pensa che ci sia un conflitto latente e inevitabile
tra la teoria neodarwiniana e la fede in un Dio trascendente?
«Assolutamente no. La teoria neodarwiniana dell’evoluzione
biologica è completamente compatibile con qualsiasi credo cristiano
e in particolare è del tutto compatibile con la dottrina di Santa
Romana Chiesa. Anzi, mi viene da dire: altro che contrasto. Se uno
è credente - e la congiunzione “se” è la componente più
importante di questa frase - assume i risultati della scienza con
grande favore e serenità e crede che Dio, dalla sua sorgente
d’amore, ha creato il mondo in un modo tale che esso, il mondo,
partecipa in maniera dinamica e attiva della Sua creazione, del Suo
amore. In altri termini, la scienza neodarwiniana non solo non è in
conflitto con il Dio trascendente, ma lo glorifica».
Tuttavia molti sostengono che la mancanza nell’evoluzione
biologica di una teleologia, di un fine ultimo, e la marcata
presenza del caso - oltre che della necessità, come direbbe Jacques
Monod, e della contingenza, come direbbe Stephen J. Gould - sono
inaccettabili per un uomo di fede perché privano il mondo di senso.
Lei è d’accordo?
«No, assolutamente no. D’altra parte c’è un finalismo
intrinseco nell’evoluzione, tecnicamente stabilito. Che ora cerco
di spiegare. La teoria neodarwiniana non è puramente casuale. Cioè
non sfugge al dominio di Dio. C’è nella teoria un destino: ma è
un destino accessibile alla scienza, che non richiede un creatore.
In parte è quello che Monod chiamava la necessità. In realtà,
l’evoluzione nella teoria neodarwiniana non è un processo né
puramente casuale né un processo puramente necessario. La classica
domanda “caso o necessità?” è intrinsecamente sbagliata.
Cosicché qualsiasi risposta a questa domanda è sbagliata. Perché
sono tre gli elementi dell’evoluzione: caso, necessità e fertilità
dell’universo».
Cos’è intende per fertilità dell’universo?
«Vede, l’universo conosciuto ha circa 14 miliardi di anni e
contiene dieci alla 22 stelle, come dire diecimila miliardi di
miliardi di stelle. Un numero enorme. Ciascuna di queste stelle, a
conclusione del suo ciclo di vita, insemina l’universo
dell’abbondanza chimica necessaria per la vita e per lo sviluppo
evoluzionistico del cosmo stesso. Non ci sarebbe carbonio
sufficiente per lo sviluppo di un organismo vitale senza le stelle.
Le stelle sono la fonte dell’abbondanza chimica necessaria per lo
sviluppo e l’evoluzione della vita. E il loro numero è tale da
rendere l’universo un luogo fertile. Adatto alla vita. Dunque
l’evoluzione è caso, necessità e fertilità dell’universo«.
Ma Lei cosa pensa dell’ipotesi dell’«Intelligent Design»?
«All’inizio era un fenomeno puramente americano. Ha le sue
origini nella mia patria, gli Stati Uniti, nelle correnti
protestanti più fondamentaliste, quelle dei primi padri pellegrini.
Da lì si è sviluppata una cultura, soprattutto tra i gruppi di
evangelici - il presidente George W. Bush è un credente evangelico
- che ha assunto nel tempo sempre maggiore influenza e che ora sta
contagiando anche l’Europa».
Non ultimo si è espresso a favore dell’«Intelligente Design»
anche Christoph Schönborn, cardinale di Vienna.
«Non solo in Austria. Anche qui in Italia abbiamo avuto qualche
avvisaglia che poi ha prodotto la polemica sull’insegnamento del
darwinismo nelle scuole. Ora l’Intelligent Design è un’ipotesi
religiosa, non è un’ipotesi scientifica. E il movimento a favore
dell’Intelligent Design è un movimento religioso, culturale,
politico che dispone di tanti soldi e di molto potere politico,
soprattutto negli Stati Uniti».
Non le sembra che il Dio che è presente e immanente nell’«Intelligent
Design» è un Dio «costretto» a intervenire continuamente nelle
faccende del mondo naturale? Una versione rinnovata del «Dio delle
lacune» evocato da Isaac Newton: un orologiaio piuttosto maldestro,
appunto, che deve continuamente regolare l’orologio che ha creato?
«L’Intelligent Design presenta Dio come un disegnatore. Ma Dio -
il Dio cristiano - è un Dio d’amore. Non è un designer.
Rappresentarlo come un disegnatore significa diminuire Dio, non
glorificarlo».
Padre Coyne, lei è stato consigliere scientifico di Giovanni Paolo
II, ha ispirato suoi scritti in materia di scienza e fede. Cosa
pensava Karol Woytila della teoria darwiniana?
«Giovanni Paolo II si è espresso in maniera succinta ma
significativa su questo tema in occasione di un importante convegno
sull’origine della vita organizzato dalla Pontificia Accademia
delle Scienze. Woytila disse: “L’evoluzione non è più una mera
ipotesi, ma è una teoria scientifica ben stabilita da tutte le
scienze moderne”. Questa è una frase importantissima. Ma ancora
più importante è il seguito. Lui cerca di introiettare in questa
sua visione Pio XII. Il Pio XII che nell’Humani generis sostiene
che la persona umana è il risultato dell’evoluzione materiale
dell’universo, ma che Dio interviene direttamente all’atto della
nascita di ogni persona per creare l’anima. Giovanni Paolo II ha
cercato di andare oltre Pio XII. Ed effettivamente è andato un
po’ avanti: nel suo breve messaggio non parla più dell’anima,
ma dello spirito. Un tema, quello dello spirito come prodotto
dell’evoluzione della materia, caro a Teillard de Chardin, ma
guardato con sospetto all’epoca».
E Benedetto XVI?
«È troppo presto per esprimere un giudizio. Anche se io lo vedo
molto aperto a stabilire un dialogo con le scienze vere sul
significato dei risultati scientifici».
Tuttavia ci sono state delle espressioni di Joseph Ratzinger - per
esempio quella sull’ingegneria genetica applicata all’uomo come
degenerazione della ragione - che suscitano molta perplessità e
lasciano intravedere un nuovo conflitto tra scienza e fede, o almeno
tra scienza e Chiesa di Roma.
«Questi sono aspetti etici e morali, su cui il Papa - ogni Papa -
si muove in maniera molto cauta. La scienza è neutra
sull’interpretazione morale delle sue applicazioni, mentre il Papa
è molto interessato a queste interpretazioni».
Ma lei lo vede il rischio oggi di un nuovo conflitto tra scienza e
Chiesa di Roma?
«Se il dialogo è sincero e aperto tra ambiti disciplinari diversi,
come sono la teologia, la morale e le scienze, il rischio
diminuisce. Certo la possibilità del conflitto è sempre presente.
Ma io penso che all’origine di ogni dialogo ci sia la sapienza e
all’origine di ogni conflitto ci sia l’ignoranza. Per questo
ritengo importante la dichiarazione del cardinale Paul Poupard,
presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, quando nei giorni
scorsi ha detto: “Noi, Chiesa di Roma, dobbiamo conoscere di più
le scienze e rispettare i suoi risultati”. Io ravviso in quella
dichiarazione un’intenzione di dialogo, proprio perché cerca di
espungere l’ignoranza dal tavolo della discussione».
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L'unità 22 maggio 2003
La
destra vuole dimenticare Darwin - Pietro Greco
Perché dopo la riscoperta del creazionismo di matrice protestante da parte della destra di Milano, in capo a poche settimane Roma scopre l'antidarwinismo di matrice cattolica? Perché questo bisogno di integralismo culturale e religioso? Perché questa manifestazione di integralismo culturale e religioso trova, ora, adesioni in ambienti universitari? Anzi, in alcuni ambienti della più grande università italiana?
Con il saluto annunciato,
ma poi mancato, del Magnifico Rettore, professor Giuseppe D'Ascenzo,
e tra le vivaci contestazioni di un gruppo di suoi biologi,
l'Università La Sapienza di Roma ci ha proposto di
"Dimenticare Darwin". L'invito segue di poche settimane
quello del gruppo di Alleanza Nazionale al Consiglio provinciale di
Milano. Questa volta l'occasione per l'addio al naturalista inglese
viene offerta dalla presentazione di un libro non
recentissimo,"Dimenticare Darwin" appunto, pubblicato dal
genetista Giuseppe Sermonti nel 1999 presso i tipi delle Edizioni
"Il Cerchio" di Rimini.
L'elemento di novità nella cerimonia dell'oblio celebrata presso
l'Aula A del Dipartimento di Chirurgia della più grande università
d'Italia non è rappresentato, tanto, dalle argomentazioni con cui
il professor Sermonti ha cercato di demolire il "mito
dell'evoluzionismo" e la teoria darwiniana della selezione
naturale che lo sorregge.
Perché si tratta di argomentazioni antiche. Frutto di un percorso
iniziato da Giuseppe Sermonti nel lontano 1971, epoca della
pubblicazione di un libro su "Il crepuscolo dello
scientismo", e che ha avuto tra le tappe principali la
pubblicazione nel 1980 di un altro libro "Dopo Darwin" e
provvisoriamente concluso con "Dimenticare Darwin".
L'idea di Giuseppe Sermonti, che è stato docente presso le università di Palermo e Perugia e presidente dell'Associazione di Genetica Italiana, è che il darwinismo e la teoria dell'evoluzione delle specie siano il massimo emblema di quella scienza moderna che "ha perduto i suoi limiti, ha smantellato il suo scenario, facendo della ragione, nata ribelle, una dispotica divinità" a causa del suo "arrogante rifiuto del divino e del mitico". Insomma, sostiene Sermonti, lo scienziato è un uomo ribelle che, per superbia, ignora la presenza di Dio e del mito. E per questo non è in grado di afferrare la verità (anzi, la Verità) sulle cose del mondo. Soprattutto del mondo biologico. Quanto all'evoluzionismo di Charles Darwin, questo è il pensiero che, facendo discendere l'uomo dalle scimmie, ha più di ogni altro contribuito alla desacralizzazione del mondo. In realtà, sostiene Giuseppe Sermonti, non è affatto vero che l'uomo discende dalle scimmie: sono le scimmie che discendono dall'uomo. E non è affatto vero che esista un processo, l'evoluzione naturale, cieco e privo di direzione, fondato sul caso (delle mutazioni genetiche) e sulla necessità (della selezione naturale che assicura un maggior successo riproduttivo al più adatto). Il mondo biologico cambia. Ma le sue forme essenziali seguono una via teleologica di sviluppo. Seguono una direzione. Hanno un senso. Indicati da Dio. Per Sermonti la via da perseguire è dunque chiara. Dimenticare Darwin e la sua teoria, perché frutto della dogmatica filosofia progressista della sinistra, e ritornare a una situazione pregalileana, in cui "una religione elevata al piano metafisico ed una scienza alla ricerca dello spirito del mondo possano identificarsi, ritornare a essere un'unica cosa".
Dicevamo che questo progetto, per metà politico e per metà religioso, presentato ieri al Policlinico di Roma, non costituisce una novità. Perché sono più di trent'anni che Sermonti lo va proponendo. Costituisce invece una novità il fatto che a rilanciarlo sia l'università La Sapienza di Roma. O, almeno, una sua autorevole componente. Questo davvero non era mai avvenuto. Non era mai successo che il più grande ateneo italiano desse in qualche modo il suo avallo alla proposta di dimenticare, in un colpo solo, Darwin e Galileo. Con un progetto che lascia del tutto scettiche sia la comunità scientifica che le autorità religiose. La teoria dell'evoluzione delle specie è stata proposta da Charles Darwin quasi 150 anni fa. Ed è accettata dai genetisti da almeno 70 anni. Anzi, nel tempo la teoria si è irrobustita fino a diventare il fondamento delle scienze biologiche, grazie alle corroborazioni indipendenti ricevute dalle branche più disparate della scienze della vita: dalla paleontologia alla biologia molecolare e, appunto, alla genetica. Certo, negli anni abbiamo imparato che l'evoluzione biologica è pluralista, che la selezione naturale è il motore principale ma non l'unico della dinamica evolutiva. Ma questo era lo stesso Darwin a dirlo.
Certo, di tanto in tanto ci sono uomini di scienza che propongono di"dimenticare Darwin". Come alcuni tra quegli strutturalisti, per esempio, cui Giuseppe Sermonti si ispira. Ma finora questi scienziati non hanno portato prove capaci di convincere la comunità scientifica. Cosicchè il darwinismo resta la più grande e solida teoria biologica a nostra disposizione per spiegare l'evoluzione della vita. Nessuno, però, si era mai proposto di riunificare la scienza e la religione. Di riportare la scienza nelle condizioni di ancella della teologia. Un'idea giudicata esplicitamente impraticabile, insomma sbagliata, anche del Papa in occasione della "riabilitazione" di Galileo Galilei. Dimenticare in un colpo solo il naturalista inglese e il fisico italiano è quindi un'impresa priva di ogni credibilità, non solo scientifica ma anche culturale. Cui un'università - tanto più un'università come La Sapienza di Roma - non dovrebbe prestarsi con troppa facilità. Non si tratta di censura. Ma di adesione a una soglia minima di rigore culturale. La domanda è, dunque, perché? Perché dopo la riscoperta del creazionismo di matrice protestante da parte della destra di Milano, in capo a poche settimane Roma scopre l'antidarwinismo di matrice cattolica? Perché questo bisogno di integralismo culturale e religioso? Perché questa manifestazione di integralismo culturale e religioso trova, ora, adesioni in ambienti universitari? Anzi, in alcuni ambienti della più grande università italiana?
Certo la destra fondamentalista ha da sempre, tra i suoi caratteri distintivi, un revisionismo iconoclasta che non ha remore a fare a pugni con l'evidenza, a bisticciare con la logica, ad accapigliarsi con la verità storica e scientifica. Ma solo nei momenti meno promettenti della storia questo tipo di revisinismo iconoclasta ottiene un consenso di massa e chi dà del comunista a Darwin o dell'eretico a Galileo viene applaudito nelle università. torna su