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Tra gli dèi e il mito nasceva il vocabolario oggi perduto
E' davvero uno strano, fascinosissimo,
pantheon quello che Semerano restituisce
attraverso i suoi "scavi" nelle sue parole
antiche. Sono divinità facili da tenere a
mente: efficaci, comprensibili, e solo
talvolta - quando serve a mettere in guardia
- spaventose. Dice il professore: "Per gli
antichi il nome è sempre stato l'essenza
stessa del reale, il destino e la chiave di
ogni creazione". Così lui, rintracciando i
significati perduti di nomi per noi ormai
solo mitici, ce li restituisce proprio
com'erano. Quasi una diretta dal passato...
Eccoli sfilare in una rapida processione
mediterranea.
Amon, il dio dell'antico Egitto che neppure
i sacerdoti di lì sapevano spiegarsi da dove
arrivasse, tanto che se ne dava una
sfiduciata etimologia: "quello che occulta
il suo nome ". Ebbene: in sumero sole si
dice "Amna", a Babilonia "Amnanu".
Agamennone. In sumero "aga" è corona, in
accadico "aga'um". La qual parola unita a
"ummànu" finisce per dare un Agà'um-ummanu (ovvero corona, re del
popolo) davvero pertinente per il capo dei
capi greci.
Di Apollo si era sempre sospettato che
avesse un nome non greco. Si sapeva
invece per certo che era il frutto della
scappatella di Giove-cigno con Leda. Il
fatto che in Tessalia venisse chiamato "Aploun", e che
"aplum" in accadico voglia
dire figlio, ha una sua indubbia
suggestione. E che, talvolta, sia lì a
rappresentare il sole trova una sua
giustificazione etimologica: viso in
accadico si dice "appu"; e "allu",
"ellum"
significano lucente, luminoso, sacro.
E via, poi, con cento altri: con Athena
imparentata con l'accadico hatinu
proteggere; con Circe che è riuscita a
nascondere finora le corrispondenze
sumero- accadiche del suo nome (tipo girga, kirku,
karkittu, Kar-Kid ) che, poi,
sempre puttana voglion dire; con Omero
che Semerano collega all'antico babilonese
zammeru (il cantore), all' accadico di
àmaru (il veggente)...
E che dire, di tutti quei fiumi che lui fa
sgorgare - quasi per magia etimologica - da
tre sole sorgenti accadiche ("harru" ovvero
fiume; "jarhu" ovvero pozza e "dannu" che,
poi, vuol dire grande, forte, largo) per farli
confluire -davvero simili - a battezzare non
solo il nostro Eridano (l'antico fiume con
cui viene identificato da taluni il Po, da
altri il Rodano) ma anche il Giordano dei
primissimi battesimi, i due Iardanos (uno
scorre in Elide, l'altro a Creta), il Vardanus
della Sarmazia...
O quel senso nascosto dei posti... Stringe il
cuore scoprire che fin dalla notte dei tempi
- già nelle lettere di Tell el-Amarna del
1300 a.C., ma anche nelle più antiche
iscrizioni assire - il nome Gerusalemme
significa Città della Pace, come l'assiro "Ur-sa-li-im-
mu" dimostra.
E continua a stupirti, il professore, quando
- una volta finito di ricreare il mondo,
all'antica - si mette a creare gli uomini che
lo popolano, ribattezzandoli com'erano. Un
esempio per tutti: cosa unisce tra loro il
primo faraone Menes, al Mosè degli ebrei,
e al Minosse di Creta la bella, e a Manes,
capostipite degli Atiadi, signori di Lidia?
"Discendono tutti dalla stessa parola "mensu,
mansu, massu" ovvero leader,
custode di un ordine immutabile come le
leggi dell'universo".
Del resto perché sorprendersi: chi lo
immaginava, prima della scoperta del
cuneiforme, un megagemellaggio che
inanella insieme Praga, Barga, Parga,
Pergamo, Bergamo. Tutte deriverebbero
dal sumero "barag", abitazione, abitacolo
di un dio. Miracoli del passato..