Liberare John Sinclair - La generazione che lottava cantando
Si può credere che siano i politici e gli uomini
di potere a cambiare le sorti di un paese. Ma spesso nella storia,
le grandi svolte sono state realizzate dai giovani, che con la loro
rabbia e la capacità di sognare hanno davvero una grande
responsabilità riguardo al futuro. Ieri come oggi cantando nulla
sarà impossibile da conquistare! La vicenda vissuta da John
Sinclair ne è una conferma! Roberto Molinaro presenta la storia di
una generazione che lottava cantando.
Quella di stasera è la cronaca di una vicenda
straordinaria, che ci permette di comprendere quanto ognuno di noi
possa dare un contributo per cambiare la storia di un paese. La
vicenda accaduta a John Sinclair fu come un SOS lanciato da un’intera
generazione di giovani, che scoprirono quanto la forza dell’aggregazione
potesse dare la possibilità di vincere delle lotte ideologiche
anche contro i potenti. Quei giovani, cantando, risposero a quella
parte di America che alla musica, preferiva la guerra in Vietnam.
John Sinclair ascoltava le parole di uno speaker
della radio che parlava proprio del suo caso, mentre si trovava
richiuso in una prigione del Michigan. Chi era quell’uomo che sul
finire degli anni ‘60 era stato una delle personalità più attive
della contestazione? John era uno di quei giovani che volevano un’America
diversa, destinata ad essere un paese leader e quindi con la
responsabilità di prendere sempre la decisione giusta. Sinclair
protestava contro la guerra in Vietnam ed era a favore della
liberalizzazione delle droghe. Per molti era un eroe ed un
sognatore; per altri un vero e proprio criminale.
Una parte di America chiedeva pace e libertà per
poter fare le scelte culturali che si preferivano senza doversi
nascondere. Contrapposta a quella parte ne esisteva però un’altra
non meno forte, ed era quella che riteneva gli afroamericani dei
cittadini di serie B, e che credeva nella famiglia patriarcale e
conservatrice. Quei valori borghesi non appartenevano di certo a
John Sinclair, che in una circostanza che ancora oggi lascia tutti
sbalorditi si ritrovò al centro di un caso giudiziario clamoroso.
Il giovane John Sinclair amava la poesia di Allen
Ginsberg e credeva realmente che un giorno gli Stati Uniti avrebbero
potuto anche avere un presidente afroamericano, fatto che ormai non
sembra essere più soltanto un utopia. John era certo che anche con
il suo contributo il suo paese un giorno sarebbe stato davvero una
grande democrazia, senza i limiti che spesso ha mostrato. Ma
Sinclair era un provocatore, un artista che era pronto a qualsiasi
sfida con il potere. Ma quanto gli accadde, per sua stessa
ammissione, non lo avrebbe mai potuto nemmeno immaginare.
Erano anni in cui la divisione culturale in America era molto netta, e chi faceva uso di sostanze stupefacenti poteva subire anche condanne ad oltre 10 anni. John Sinclair però stava per vivere una vicenda che lo avrebbe tramutato nel protagonista di un caso destinato a entrare nella storia. La sua colpa era legata a due spinelli di marijuana. Quelle due canne gli sarebbero costate molto care, se non fosse stato per una protesta di solidarietà che avrebbe sconvolto l’intera opinione pubblica, confermando quanto quegli anni fossero straordinari.
Con la sua aria sempre ironica John Sinclair era
un personaggio simpatico, dalla testa riccioluta e piena di capelli
. Aveva un aspetto buffo, ed era sempre gentile nonostante le sue
accuse roventi contro le scelte della Casa Bianca. In quegli anni,
infatti, non si poteva essere morbidi contro chi sembrava del tutto
ignorare che per portare avanti la guerra in Vietnam, tanti figli
non avrebbero mai avuto un padre, ed interi sogni, in un istante,
sarebbero stati disintegrati da un proiettile.
John senza starci più di tanto a pensare un
giorno avvicinò una ragazza e provò a parlarle. La sua era sana
voglia di socializzare, e perciò le offrì due spinelli. All’iniziò
Sinclair non si accorse affatto che si stava per mettere in grosso
guaio, e pensò che il suo gesto di cortesia sarebbe stato
ricambiato con un sorriso e, magari, con qualcosa in più. Ma John
si sbagliava. Quella donna, sotto il suo aspetto da hippie, aveva un
segreto.
L’America dei primi anni ‘70, le lotte per la pace e l’uguaglianza dei diritti, la musica e le droghe. Era quello lo scenario in cui John Sinclair offrì quei due spinelli ad una ragazza, che improvvisamente si tramutò nella figura più temuta da quei giovani che sognavano di poter essere liberi di provare qualsiasi tipo di esperienza. Quella donna era un’agente in borghese, e dopo aver accettato gli spinelli dalle mai di John, lo arrestò.
John Sinclair aveva compiuto uno dei peggiori
reati in quell’America, che viveva una profonda lotta
generazionale. Fumare spinelli ed offrirli era una colpa gravissima,
e l’arresto avvenne in modo tale da non poter lasciare spazio a
dubbi. John però era certo che quell’agente fosse stata inviata
da qualcuno verso di lui perché da anni aveva mostrato la sua
insofferenza verso i bigotti e spesso era stato protagonista di
continue proteste. Sinclair era sicuro di essere stato incastrato.
Come eliminare un uomo scomodo capace di essere un leader per la sua capacità di affascinare gli altri? Dimostrare che possedeva droghe, in quegli anni, era di certo un ottimo metodo. John Sinclair sapeva di essere stato colpito soltanto perché aveva mostrato di essere un ribelle, e questa verità la sapevano molti di quei giovani che lo conoscevano. Fu così che in America molti ragazzi iniziarono a protestare e a difendere John, che improvvisamente si trovò in una situazione giudiziaria gravissima.
John Sinclair per il solo fatto di essere stato trovato in possesso di due spinelli avrebbe dovuto scontare oltre 10 anni di carcere. A molti quella pena sembrò un paradosso che faceva sembrare la giustizia soltanto un mezzo per compiere abusi di potere verso un cittadino scomodo. In pochi giorni del caso Sinclair si iniziò a parlare in tutto il paese. E molti uomini di potere cominciarono a preoccuparsi.
Il caso Sinclair sembrava a tutti la metafora
perfetta di un paese in cui chi esercita il proprio diritto di
protestare contro il potere viene allontanato dalla vita pubblica.
Come atto di solidarietà, ma anche di sfida verso quella giustizia,
in breve diversi amici di John iniziarono a pensare a come e dove
far radunare tutti i giovani che volevano in qualche modo
contribuire alla sua immediata scarcerazione.
Protestare contro la sentenza che condannava John
Sinclair a oltre 10 anni di galera, fece nascere un motto che per
molti giovani divenne un urlo di rabbia verso il sistema. Ten fon
Two! Dieci per due. Dove dieci erano gli anni di galera, e due gli
spinelli. Il caso scoppiò come un ordigno mediatico, e ben presto a
quella manifestazione per liberare John, aderirono diversi artisti
di grande popolarità.
Quando gli amici di John Sinclair iniziarono ad organizzare un concerto che avesse anche un valore di protesta, provarono a coinvolgere tanti musicisti, proprio per far accorrere il maggior numero di persone all’evento. Il luogo in cui si sarebbe svolta quella manifestazione era la Crysler Arena di Ann Arbor. Ormai negli ambienti underground si sapeva che, cantando, avrebbe avuto inizio una grande rivoluzione culturale.
Mancava soltanto una settimana al grande evento e John Sinclair, rinchiuso in prigione, sapeva in quanti si stavano mobilitando per lui. John era consapevole che quel gesto di solidarietà aveva un enorme valore politico, in quanto chiunque un giorno si sarebbe potuto trovare a vivere una vicenda simile alla sua. Finalmente, tutto era pronto per iniziare a cantare. Fra l’altro, uno degli organizzatori del concerto provò a contattare Yoko Ono, la moglie dell’ex Beatles John Lennon. Ma si trattava soltanto di un tentativo: nessuno credeva che la coppia potesse accettare l’invito.
John Lennon nei giorni del caso Sinclair era una
delle personalità più discusse d’America, e da una parte del
potere era considerato uno scomodo oppositore a tante posizioni
della Casa Bianca. Era un idolo per i giovani, un gigante della
musica, forse in quel momento insieme a Bob Dylan era davvero l’emblema
stesso della contestazione. Fu una sorpresa straordinaria per tutti
quando quel ragazzo che veniva da Liverpool accettò di partecipare
al concerto per John Sinclair.
Quando si trovava ancora in carcere a John
Sinclair venne data la notizia che John Lennon aveva accettato di
partecipare al concerto di protesta, e in più aveva annunciato che
avrebbe scritto un brano musicale a lui dedicato. Sinclair in
principio non volle neanche crederci. Ma poi comprese che non era
uno scherzo. Ormai era chiaro a tutti: quel caso aveva scosso a tal
punto la rabbia dei giovani, che si sarebbe tramutato in una
risposta potentissima a tutti gli abusi di potere di una giustizia,
che condannava un uomo a 10 anni di galera per avergli trovato in
tasca due spinelli.
Il concerto ebbe un successo straordinario e lo
sguardo dell’informazione non poté ad ignorare quanto accadde. I
milioni di giovani americani che ascoltarono alla radio la
manifestazione, insieme a John Sinclair, capirono che qualcosa stava
cambiando. La voce di John Lennon che cantava per far liberare un
uomo e condannare chi invece voleva la guerra in Vietnam, fu uno dei
momenti più importante per la storia culturale degli Stati Uniti.
La maggioranza dei giovani che assistettero al
concerto, era certa che ci sarebbe stata una controffensiva da parte
di quel tribunale che aveva condannato John Sinclair. Ma le reazioni
furono del tutto inattese. A John fu fissato un nuovo appello, e
soltanto pochi giorni dopo l’evento venne liberato. Dopo quella
vicenda molti giovani capirono che cantando in coro avevano
realmente cambiato la storia di un paese.
Guitar Army - Il '68 americano tra gioia, rock e rivoluzione.
Nelle
pagine di questa autobiografia Sinclair intreccia le sue
personali vicende con quelle dell'“altra America”, di
beatniks e sassofonisti neri in rivolta, profeti del rock&roll
e leader radicali delle Pantere Nere. Storie di studenti
scappati da casa e di reazionari pronti a sfondare le porte
delle comuni, di santi psichedelici e poliziotti che vogliono
imporre l'ordine a ogni costo. Due mondi all'opposto che si
contendono il primato dell'America degli anni Sessanta e
Settanta.
Leader delle Pantere Bianche, più volte incarcerato per
possesso di marijuana e offese a pubblico ufficiale, John
Sinclair ha incrociato i mille percorsi dell'altra America e non
ha ancora smesso di farlo. Dall’esilio di Amsterdam, dove
vive, suona e complotta contro l'odierno sogno americano – e
non solo – di ordine e di plastica
Va tutto bene / It’s all good
è un’antologia fatta di storie, articoli, poesie – con
tanto di colonna sonora consigliata – che rende omaggio alla
leggenda dell’Altra America, quella che ha stregato e
conquistato il mondo senza ricorrere ad armi e ricatti
economici.
Un racconto “a caccia” di quella suprema forma di arte
afroamericana, il jazz/blues, che come un virus ha colpito
Sinclair sin da bambino, rendendolo incapace di sopportare
ingiustizie e discriminazioni. Egli racconta la decadenza della
culla dell’industria automobilistica, Motor City, gli
splendori e le miserie dell’utopia controculturale e la sempre
sorprendente vitalità della cultura nera. Una storia che
attraversa le rivolte dei ghetti neri (“rivolte” e non “rivolte
razziali” come lui tiene a precisare) e lo scatenamento
dionisiaco hippie. Dalla Detroit black e beatnik al periodo
psichedelico, dal Delta del Mississippi, culla del blues, all’esilio
ad Amsterdam.
No other photographer has so well captured the intense, creative, high-energy spirit and times of Detroit in the 1960s and 70s. Leni Sinclair is a thoughtful photojournalist, someone her subjects easily trust, an insider with an energetic, sensitive, and honest eye. Leni has always wanted to show her subjects in the best light, and people always look great in her photos.