IL LEGGENDARIO CANTANTE AVEVA 79 ANNI
L'Unità - Il
cantante R&B Bo Diddley è morto in Florida a 79 anni. Da tempo
era malato. Nell’agosto scorso aveva avuto un attacco di cuore,
tre mesi prima, era in tour, un ictus che aveva danneggiato la sua
capacità di parlare. Si stava sottoponendo da mesi a terapia di
riabilitazione.
Non è un caso che lo chiamassero "The Originator". La sua musica è un ponte tra il blues di Chicago e il rock’n’roll e la storia della popular music non sarebbe la stessa senza di lui. E se non vi è mai capitato di vedere un suo ritratto - cappello da cowboy, stella da sceriffo e chitarra elettrica rettangolare -avrete senz’altro ascoltato una delle sue celeberrime canzoni. Magari non incisa da lui, ma da qualcuno dei suoi "allievi", perché l’inconfondibile "jungle beat" di Bo Diddley ha "fatto scuola fin dai suoi esordi a metà degli anni ‘50. Qualche titolo? Who Do You Love, l’m A Man, Maria. Le band dei giovani bianchi le hanno riprese - su Who Do You Love i californiani Quicksilver Messenger Service hanno costruito un album intero, Happy Trails, ma di questo brano c’è una versione epica dei Doors, una di Ronnie Hawkins, nel film concerto The Last Waltz di Martin Scorsese e un’altra ancora, acustica e inquieta del cantautore texano Townes Van Zandt. Ma i suoi brani sono stati anche un po’ "copiati", vedi WiIIie and The Hand five di Johnny Otis, Magic Bus degli Who, She’s The One di Bruce Springsteen e Cuban Slide dei Pretenders. Aveva suonato con più volte, anche di recente (e nel film di Scorsese Shine a Light), con i Rolling Stones. (1) ; (2)
L’omaggio più bello e divertente all’autore di questi brani leggendari è degli Animals con The Stoty Of Bo Diddley (1964). Il cantante della band inglese, il piccolo grande Eric Burdon racconta a un certo punto il suo incontro con il maestro: "Bo Diddley ha visitato il nostro paese l’anno scorso. Noi suonavamo al Club A Go Go a Newcastle, la nostra città. Una sera le porte si aprirono e con nostra sorpresa entrò proprio lui, Bo Diddley. Stavamo facendo un suo pezzo. (...) Si divertivano tutti. (...) Be’, Bo Diddley mi guardò e disse, con gli occhi chiusi a metà e un sorriso. Disse, "Man", si tolse gli occhiali. Disse, "Man, questo è senza dubbio il più grande mucchio di spazzatura che io abbia mai sentito in vita mia". Il filo rosso che legava questo straordinario musicista americano all’Inghilterra arriva fino al 1979, quando Diddley aprì alcune date del tour americano dei Clash. Il rude fascino del "jungle beat", legato più al ritmo e alle percussioni che all’armonia - Who Do You Love è basata su un solo accordo - faceva presa anche sui più importanti esponenti del punk, laddove si dimostra, per l’ennesima volta, che tutti possono suonare il rock’n’roll. Nato il 30 dicembre 1928 a Mc Comb, nel Mississippi, con il nome di Ellas Otha Bates, prese il cognome McDaniel - quello che figura sempre nei credits delle sue canzoni - quando fu adottato da una famiglia di mezzadri. Trasferitosi con i McDaniel a Chicago, cominciò a cantare e a suonare il violino e la chitarra mentre frequentava ancora la scuola. Dopo aver cantato per diversi anni nelle strade del South Side, nel 1951 cominciò ad esibirsi nel Club 708 e nel 1955 fu arruolato da Leonard Chess nell’etichetta discografica Checker. Sull’adozione del nome d’arte Bo Diddley esistono due versioni: la prima vuole che gli fosse stato affibbiato dai compagni di scuola; la seconda che fosse stata un’idea di Chess. Sempre nel 1955 l’mA Mari arrivò al primo posto delle classifiche R&B, prima di una lunga serie di hit.
E se Bo Diddley verrà ricordato soprattutto per l’innovativo e inconfondibile battito del "junglebeat" - la sua firma, un po’ come lo sono i riff funky diJames Brown o gli effetti di chitarra di Jimi Hendrix - il suo contributo al rock’n’roll è ancora più significativo. Con la famosa chitarra elettrica rettangolare - disegnata da lui, prodotta dalla Gretsch e soprannominata affettuosamente "The Twang Machine" - Diddley non si limitava a suonare le parti ritmi-che: per Roadrunner, un altro dei suoi cavalli di battaglia, aveva inventato un suono provocato dallo scivolare del plettro sulle corde. Il 20novembre 1955 fu il primo artista afro-americano ad apparire al l’Ed Sullivari Show, provocando le ire del presentatore, che lo bandi dal programma tv: invece di cantare Sixteen Tons, aveva interpretato il suo hit del momento, Bo DiddIey. Nel 1987 era stato introdotto nella "Rock And Roll Hall Of Fame" e nel 1998 aveva ricevuto un "Grammy Award" alla carriera.
E' deceduto per un problema cardiaco. Era conosciuto per la sua chitarra quadrata
Bo Diddley (Reuters) |
Corriere MILANO — Il rock and roll ha perso uno dei suoi pilastri. Bo Diddley è morto lunedìnella sua casa di Archer, in Florida, per un arresto cardiaco. Aveva 79 anni e la scorsa estate era stato colpito da un infarto mentre si trovava in tour.
«La storia appartiene ai vincitori e negli annali del rock & roll, tre uomini sono emersi come vincitori: Chuck Berry, Little Richard e Bo Diddley, una santissima trinità che era presente quando tutto è iniziato», scriveva qualche anno fa la bibbia del poprock Rolling Stone. Nonostante non abbia avuto i successi milionari degli altri due colleghi, la sua influenza sul rock è stata decisiva. Non solo per la sua chitarra quadrata, un simbolo unico. E nemmeno perché è stato uno dei primi neri ad avere un impatto sul pubblico bianco.
Diddley, vero nome Ellas Otha Bates, era nato a Mc Comb, nel Mississippi il 30 dicembre 1928. Mamma era una ragazza madre che lo aveva affidato alla cugina. La famiglia si era trasferita a Chicago, dove, dopo aver studiato violino ed essersi innamorato della chitarra ascoltando John Lee Hooker, Bo Diddley iniziò a esibirsi come musicista di strada. Quindi i localini e le prime band e un contratto discografico. Nel 1955, il primo singolo «Bo Diddley/ I'm a Man» porta i germi di un nuovo ritmo, ribattezzato il «Diddley Beat», nel rock and roll.
A «copiarlo» saranno poi decine di artisti. Buddy Holly lo riprese in «Not Fade Away», la cui cover fu il primo brano nella top ten inglese per i Rolling Stones. Jagger e soci lo hanno più volte ricordato come uno dei loro ispiratori; Keith Richards e Ron Wood hanno addirittura suonato in un suo album nel 1996. Anche «Magic Bus» degli Who, «She's the One» di Springsteen, «Desire» degli U2 e «Faith » di George Michael hanno «rubato» quel ritmo. «The Originator», come aveva intitolato un album del 1966 per rimarcare il suo ruolo di iniziatore («Sono stanco delle bugie. Elvis ha copiato me, ma io non sono ricordato. È una questione di bianchi e neri», polemizzava), ha scritto altre hit come «Pretty Thing», «Mona», «Who Do You Love?» e «You Can't Judge a Book by Its Cover», ma a partire dai primi anni Sessanta sparì dalle classifiche pur rimanendo impegnato con i concerti dal vivo.
L'importanza di Diddley, nominato anche nella Hall o Fame del rock nel 1987, va oltre il «suo» prezioso ritmo. È stato uno dei primi a farsi affiancare sul palco da musicisti donne. È stato anche un geniale inventore: il vibrato della sua chitarra arrivava da modifiche che lui stesso faceva agli strumenti, le maracas suonate dal suo compagno Jerome Green che caratterizzarono il suono degli esordi erano costruite con galleggianti degli sciacquoni riempiti di legumi secchi. E ben prima di Hendrix infuocava il pubblico suonando la chitarra con i denti.
La nascita del soprannome è un mistero. Fra leggende, che lo stesso musicista non ha mai smentito o confermato, ci sono quelle che sia legato al suo passato da pugile, al nome di uno strumento africano, dalla storpiature slang di «bully» (bullo). E che lo sia stato un po', un bullo, non lo si può negare: quel primo famoso singolo da un lato ripeteva all'infinito il suo nome d'arte, dall'altro smargiassava sulle proprie capacità sessuali. Anche il rap gli deve molto.
02 giugno 2008(ultima modifica: 03 giugno 2008)
Ellas McDaniel (Otha Ellas Bates, prima di cambiare il cognome in onore della madre) nacque in Mississippi (al confine con la Louisiana), ma, trasferitosi da bambino, si formo` musicalmente nel South Side di Chicago, come Chuck Berry, all'ombra di Muddy Waters, imparando a suonare la chitarra (per la verita` dopo otto anni di violino classico) e inventando un ritmo boogie-sincopato che ripeteva in maniera ossessiva (il cosiddetto battito "hambone", or three-stroke, rest, two-stroke), Portando alle estreme conseguenze le intuizioni di Willie Dixon (quello di You'll Be Mine), Bo Diddley compose canzoni pregne di suspense, minacciose e ipnotiche, che davano molto risalto all'amplificazione elettrica. Faceva ancora il camionista quando, alla testa dei Jive Cats che avevano debuttato l'anno prima (Roosevelt Jackson on washtub bass, Jody Williams on second guitar, Billy Arnold on harmonica), registro` i due ironici auto-ritratti che lo resero celebre: Bo Diddley (1955), con il selvaggio tribalismo (senza basso e senza piatti) che sarebbe diventato uno dei ritmi piu` sfruttati del rock e con un tremolo demenziale di chitarra, e il blues sincopato di I'm A Man (1955).
Nessuno dei brani successivi divenne un hit, ma molti sono diventati dei classici ripresi spesso dai posteri: Who Do You Love (1955) e Mona (1957), nello stile piu` convenzionale dei rocker con eco e ritmo di chitarra. L'album Bo Diddley (Chess, 1957 - Checker, 1962) conteneva altri capolavori della levatura di Diddey Wah Diddey, Dearest Darling, Bring It To Jerome. Scrisse anche Love Is Strange (1957) per Mickey (Baker) & Sylvia. Ottenne piu` successo con la novelty Road Runner (1960), un boogie piu` sarcastico marchiato da un riff secco e martellante, e You Can't Judge A Book From Its Cover (1962) di Willie Dixon, brani ironici arrangiati in modo piu` moderno che piacevano ai disc-jockey delle balere. Bo Diddley Is A Gunslinger (Chess, 1963) e` forse il suo miglior album dopo il primo, e Two Great Guitars (Chess, 1964), una collaborazione con Chuck Berry contiene quattro lunghe jam che sono di qualche anno in anticipo sugli esperimenti del blues-rock, ma la stagione d'oro era gia` alla fine. Dopo una breve conversione al surf, Diddley scomparve dalle scene. Gli album The Black Gladiator (Checker, 1970) e Another Dimension (Chess, 1971) fallirono miseramente. Nel 1971 Diddley si trasferi` nel New Mexico e prese servizio come vice-sceriffo. Nel 1978 si trasferi` in Florida.
Diddley costruiva da se` le chitarre con cui suonava. Si faceva accompagnare dalle maracas e raccontava, sarcastico e irascibile, le sue storie, canovacci senza senso che stanno fra "Alice in Wonderland" e l'incubo psicanalitico e che nell'insieme tratteggiano una saga immaginaria di cui, sotto diverse spoglia, e` sempre protagonista lui. L'assurdo dada naive dei testi contrappuntava in modo pittoresco le solide geometrie armoniche. il suono elettrico, e l'atmosfera di suspense dei suoi brani. Soprattutto l'incedere sinistro, pulsante e sensuale di Who Do You Love, canzone d'amore voodoo per zombie della jungla in cui suona la chitarra come se fosse un violino, rimase come una delle intuizioni piu` feconde del decennio.
A parte un fugace tentativo di resuscitarne la carriera negli anni del revival del garage-rock, Ain't It Good To Be Free (New Rose, 1984), e Super Super Blues Band (Chess, 1986), una collaborazione con Howling Wolf e Muddy Waters, di Diddley si persero le tracce fino agli anni '90, quando improvvisamente uscirono Breakin' Through The B.S. (Triple X, 1990), This Should Not Be (Triple X, 1993), The Mighty Bo Diddley (Triple X, 1995), album con cui tento` di aggiornare il suo sound alla nuova era, e A Man Amongst Men (Code Blue, 1996), un ritorno al rock and roll.
Bo Diddley died in 2008 at 79.