ritorno in russia
Esterina Dana - IL RITORNO A MOSCA (1914 – 1921)
Mai luogo ha assunto le caratteristiche di
una réverie
più di Mosca per Kandinskij, il quale la sente una fonte di ispirazione
sinestetica, dove il ricordo e la nostalgia risuonano come una sinfonia di
colori.
A Mosca l’artista torna nel 1914, obbligato dallo scoppio della Prima Guerra mondiale. Vi giunge aggiornato sulle novità artistiche e politiche locali, poiché il contatto con la città natale non si era mai interrotto e mai era venuto meno in lui il fascino della tradizione popolare. Il ritorno però si configura subito come un confronto con le avanguardie e per Kandinsky è il progressivo isolamento.
La sua produzione artistica, in quegli anni, è alquanto
ridotta. Nel 1915 non dipinge neanche un quadro, limitandosi solo a incisioni,
acquerelli e disegni, come Uccelli
esotici e Disegno astratto. Da un soggiorno turistico in Svezia
riporta quelle che Gabriele Münter definisce "bagatelle", opere dalle
quali riemergono lo spirito dei "disegni colorati" di un decennio
prima, il tono lirico e fiabesco, i motivi Biedermeier, e quelli popolari russi
allietati da colori pastello. Però alla mostra di Pietroburgo che ospita i
protagonisti della moderna arte russa, le sue opere vengono stroncate dalla
critica, che definisce la sua produzione artistica "irrilevante",
espressiva solo quando l’artista "si muove nelle sfere del puro
spiritualismo", altrimenti "volgare e oltremodo mediocre".
Nel 1916 l’artista riesce a coronare il sogno di dipingere
"un grande paesaggio di Mosca" e realizza Piazza
Rossa; tornano di nuovo i colori verde, blu, rosso e giallo ocra e torna il
tema del paesaggio, nel quale Kandinsky riprende sia i motivi del Kreml (castello)
e dei campanili coi tetti a cipolla, sia quello della coppia su un cocuzzolo,
qui sollevata in un’aureola di luce; ad arricchirlo vi sono
"grattacieli", ponti, un cimitero nero in basso a sinistra, astri,
volo di uccelli e un vivace arcobaleno. Questa immagine, a metà tra ottimismo e
ingenuità, stilisticamente vicina ai suoi primi lavori, si alterna con dipinti
di Mosca più realistici, che rappresentano il paesaggio visto dalle sue
finestre, e di cui coglie variazioni atmosferiche e ricchezza cromatica (Mosca-Piazza
Zubovski e Mosca-Smolensk Boulevard).
I paesaggi compaiono ancora nel 1917, come
quello di Achtyrka,
la tenuta di campagna dei cognati, ma numerosi sono soprattutto le
"bagatelle" a olio su vetro e i dipinti astratti come Arco azzurro
e Tetro.
In quest’ultimo, da uno sfondo nero vibrante e luminoso emergono e si
riconoscono policrome forme magmatiche già presenti in altri dipinti dell’artista,
che si addensano lampeggianti a sinistra nella parte più scura del quadro, per
dilatarsi poi e quasi liquefarsi nel chiarore di destra.
Kandinsky non partecipa direttamente alla rivoluzione, ma
viene coinvolto nello sviluppo politico culturale del periodo che la segue,
prestando la sua azione in ambito amministrativo e didattico, collaborando nei
settori della riforma dei musei e della pedagogia dell’arte, elaborando nuovi
programmi per l’insegnamento di questa disciplina.
Dal luglio del 1918 l’artista si occupa del settore teatro
e cinema al Dipartimento d’arti figurative (IZO), presieduto dal
costruttivista Vladimir Tatlin e istituito nell’ambito del nuovo ministero, il
Commissariato del popolo all’istruzione (NARKOMPROS); contemporaneamente
diventa professore, dirigendo un atélier ai Liberi Atélier di Stato (SVOMAS)
di Mosca, per il quale mette a punto i fondamenti di una teoria del colore e
della forma. L’impegno didattico è intenso; quell’anno riesce a produrre
solo acquerelli, vetri e disegni come Astrazione,
Senza titolo
(Composizione di linee e di colori), Composizione
lineare.
Nel 1919 diventa direttore del Museo di cultura pittorica
di Mosca, incarico che mantiene fino al 1921, quando viene sostituito da
Aleksandr Rodcenko. Come presidente della commissione panrussa per le
acquisizioni si impegna nei programmi di ristrutturazione dei musei russi,
soprattutto nelle provincie; a questi musei del governo rivoluzionario Kandinsky
cede molti dei suoi lavori recenti. Per una Enciclopedia delle arti visive,
che peraltro non fu mai pubblicata, redige un testo sulla sua arte; inoltre
riprende l’attività teorica, incentrandola sulle più attuali soluzioni
didattiche, e pubblica vari articoli sull’organizzazione museale, sulla
politica culturale, sul significato teorico dell’arte. Quindi partecipa alla
XIX Mostra statale di Mosca con una sua personale.
Sempre per conto dell’IZO, nel 1920 lavora alla creazione
di un Istituto per la cultura artistica (INChUk) per il quale elabora i
programmi, mentre presiede la sezione per l’arte monumentale; tali programmi
sviluppano le direttrici della sua didattica artistica: il
concetto di arte come
"totalità sintetica" tra i vari generi, lo studio sul colore e i suoi
effetti psicologici, ma inquadrati questa volta in un contesto teorico diverso,
più metodico e scientifico. Il programma viene però rifiutato dalla direzione
dell’INChUk per il taglio "psicologistico" e per i fattori emotivi e
soggettivi, anche se analizzati in un ambito di elaborazione sperimentale,
mentre viene approvato quello presentato dall’ala costruttivista, che verte
sull’analisi dei fatti materiali e meccanici interni all’attività
artistica. Kandinsky quindi si dimette e fonda la divisione di fisiopsicologia
dell’Accademia russa di scienze artistiche (RachN), dove può applicare quello
stesso programma.
Il divario con la linea costruttivista si accentua; quest’ultima,
rappresentata da Rodcenko,
Tatlin, Popova,
El Lissitsky, ritiene che l’artista
rivoluzionario debba essere in primo luogo un tecnico al servizio della
produzione industriale, mentre Kandinsky, Gabo, Pevsner e (1)
Malevic (2)sono contrari
a una concezione funzionale dell’arte.
Le opere di Kandinskij risultano sorpassate sia da un punto di vista teorico, sia da un punto di vista stilistico, perché si sta affermando la tendenza a considerare l’arte come fattore interno alla produzione materiale e industriale. Inoltre, per gli artisti della rivoluzione l’arte non è un fatto spirituale elitario, ma elemento popolare, ovvero al servizio del popolo.
La stampa marxista lo definisce un "tipo metafisico e
individualista", un anziano benestante che, sebbene animato da utopie di
rinnovamento sociale, non si è mai impegnato concretamente per la rivoluzione.
Così nel 1921 Kandinsky, come rappresentante del RAChN, lascia la Russia per sempre alla volta della Germania.