l'astrazione e kandinsky
Alessandra Pino - Il percorso verso l’astrazione
Gli
inizi pittorici di K. si pongono in Germania nel 1896, in ambito jugendstil e
neoimpressionista. Nei primi anni del suo soggiorno a Monaco e durante i
numerosi viaggi intrapresi tra il 1903 e il 1907, egli realizza soprattutto
paesaggi e studi sulla natura, a olio, eseguiti spesso dal vero con una tecnica
rapida e immediata, basata su colori densi e luminosi stesi con la spatola.
Accanto a questi piccoli quadri, K. dipinge alcune tempere caratterizzate da
pennellate puntiformi di colori vivacissimi su fondo scuro: i soggetti sono
ispirati al Medioevo oppure alla cultura popolare russa. Allo stesso momento
risalgono le prime xilografie in bianco e nero e a colori, che presentano
pressappoco gli stessi caratteri delle tempere , forme nettamente contornate,
linee sinuose e una forte valenza simbolista.
Negli anni fra il 1908 e il 1909, durante i frequenti
soggiorni a Murnau, sulle Alpi bavaresi, avviene un sostanziale cambiamento
stilistico, probabilmente influenzato dalla conoscenza della pittura dei fauves:
i colori sono stesi ora in zone piatte e acquistano un’accensione cromatica
violenta e antinaturalistica. Le forme sono delimitate da un contorno nero e
tendono alla massima semplificazione. Il tema principale è ancora il paesaggio,
ma le strade , le case e le montagne diventano sempre più il pretesto per la
ricerca di accordi cromatici che poco a poco portano l’artista a staccarsi
sempre più dalla realtà. Dall’espressionismo figurativo K. passa così ad un
espressionismo astratto,
ancora legato da allusioni a temi naturalistici, ma
sostanzialmente basato su accordi di forme e colori. Afferma K:"La pittura
è lo scontro fragoroso di mondi diversi che nella lotta fra loro sono destinati
a creare quel nuovo mondo che è l’opera d’arte. Ogni opera d’arte ha
origine nello stesso modo in cui ebbe origine il cosmo: attraverso catastrofi
che dal caotico fragore degli strumenti formano infine una sinfonia la quale ha
nome armonia delle sfere. La creazione di un’opera d’arte è la creazione di
un mondo".
Il passaggio all’astrazione non è né improvviso né
rapido, ma richiede anni di lavoro paziente, di studio e di riflessioni, gran
parte delle quali
sono raccolte nel volume "Lo spirituale nell’arte",
scritto nel 1909 e pubblicato nel 1912. In questo libro K. sostiene che l’artista
deve svincolarsi dall’imitazione della natura e rispondere esclusivamente ad
un principio fondamentale che chiama "necessità interiore":
senza questa necessità interiore, che esprime insieme l’individualità dell’artista,
lo spirito della sua epoca e l’ "artisticità pura", un sentimento
estetico universale concepito da tutti in ogni tempo, l’arte si ridurrebbe a
puro ornamento. Afferma K :"Se (…) ci accontentassimo dell’accordo di
colori puri e forme autonome, creeremmo solo delle decorazioni geometriche
paragonabili, grosso modo, a una cravatta o a un tappeto". Ben consapevole
che la rinuncia all’oggetto comportava questo rischio, K. lavora
incessantemente alla ricerca di forme pure e astratte, indagando sempre più
nella propria interiorità. Parallelamente porta avanti i suoi studi sui colori,
che vengono paragonati al suono di vari strumenti musicali e analizzati non
tanto per l’effetto sensoriale che essi producono,
quanto per la loro
risonanza spirituale: "Il colore è il tasto. L’occhio è il martelletto.
L’anima è un pianoforte con molte corde. L’artista è la mano che ,
toccando questo o quel tasto, fa vibrare l’anima." Anche la scelta del
colore non può essere casuale, ma deve seguire la legge della necessità
interiore che consente di stabilire un contatto efficace con l’anima umana.
Nascono così, fra il 1909 e il 1913, tre gruppi di opere che
lo stesso artista distingue e spiega nella conclusione de "Lo spirituale
nell’arte": le "Impressioni" che sono la trascrizione
diretta di sensazioni ricavate dalla natura esteriore, le "Improvvisazioni"
che esprimono invece "eventi di carattere interiore" e le "Composizioni"
che costituiscono un ripensamento dei due precedenti stadi e una rielaborazione
ponderata di forme e colori.
Il percorso verso l’astrazione è illustrato con grande
immediatezza e freschezza da K. in uno scritto autobiografico pubblicato nel
1913, "Sguardo al passato", nel quale l’artista ripercorre le tappe
più significative della sua giovinezza e riporta i ricordi delle esperienze
che, fin dall’infanzia, lo hanno maggiormente segnato e indirizzato nelle sue
scelte di vita e di arte.
K. esordisce con una annotazione sui colori:" I primi
colori che mi fecero una forte impressione furono il verde chiaro vivace, il
bianco, lo scarlatto, il nero e il giallo ocra". Ricorda i bastoni su cui
fingeva di cavalcare da bambino, l’orologio della casa del nonno, bianco con
una rosa rossa, la carrozza e la gondola nera del suo viaggio in Italia a soli
tre anni e le fiabe tedesche ascoltate dalla zia. Ma l’impressione più forte
per lui rimane quella della città di Mosca, con le sue cupole dorate e in
particolare quella dei colori che la città assumeva all’ora del tramonto, che
egli definisce "la mia ora". Mosca, dalla quale dovette allontanarsi
per alcuni anni, rimane per l’artista il vero "diapason pittorico".
Altre esperienze fondamentali degli anni giovanili sono la visione di un dipinto
di Monet "Il pagliaio" che gli fa comprendere che il riconoscimento
dell’oggetto non è indispensabile e l’ascolto del "Lohengrin" di
Wagner ,durante il quale ha per la prima volta l’intuizione della
corrispondenza fra musica e pittura: gli sembra infatti che Wagner abbia
"dipinto musicalmente" la città di Mosca nella sua ora preferita.
Altre impressioni particolarmente forti per il giovane K.
sono la scoperta della divisione dell’atomo, che apre alla scienza orizzonti
sconosciuti ("La disintegrazione dell’atomo fu per me come la
disintegrazione del mondo") e la spedizione etnografica nel lontano Vologda
allo scopo di studiare il diritto e la religione delle popolazioni contadine,
che lo avvicina all’arte e al costume popolare.
Sempre in "Sguardo al passato" K. rievoca il suo
esordio come pittore a Monaco, gli insuccessi e le insoddisfazioni dei primi
anni nei quali si sentiva come una "scimmia presa nella rete" e un
muro sembrava opporsi fra lui e l’arte. Fino a quando, dopo essersi reso
conto, osservando un suo quadro ruotato su un lato e quindi irriconoscibile, che
l’oggetto "nuoceva" alle sue opere, è in grado di rinunciare all’oggetto
e di esprimersi attraverso un nuovo linguaggio fatto esclusivamente di forme e
di colori.