Matematica contro la guerra

Questa guerra americana si svolge nel rispetto di un patto di non interferenza tra potere politico e stato maggiore. Il Pentagono si è appropriato anzitutto delle immagini e delle informazioni,  ricordando quanto contassero negli anni indocinesi. Le concede con il contagocce. E’ vero che, matematizzandosi, diventando sempre più elettronica, la guerra si allontana dal campo di battaglia, vale a dire allontana dal nemico sia il combattente sia il fotografo, l’operatore tv e il giornalista. Quando poi la guerra scende a terra diventa sanguinosa, perde la sua asetticità matematica, la possibilità di trasmetterla in diretta può diventare insopportabile per chi la fa". Così ha scritto Bernardo Valli su La Repubblica. Indovinello: in che anno? Quale guerra? Il 2 febbraio 1991, la guerra del Golfo, forse dovremmo dire tra qualche tempo, la prima. "Il bombardamento chirurgico ma con il raggio elegante di un laser, con l’oculata tecnologia, con la circospezione e l’esattezza della scienza". Lidia Ravera, l’Unità, 25 gennaio 1991, stesso anno stessa guerra. L’idea era quella della guerra super tecnologica, della guerra asettica. La guerra più oscena perché fa sembrare tutto una sorta di gioco di alta tecnologia, matematico appunto: una guerra matematica. La guerra delle bombe intelligenti, sempre più intelligenti. Da allora si sono fatti molti passi avanti, probabilmente le bombe sono diventate sempre più intelligenti. Come per la Jugoslavia, bombe intelligenti ed effetti collaterali. Non mi sento affatto di affermare che no, non bisognava intervenire in Jugoslavia; i massacri certo sono finiti. Vorrei più modestamente occuparmi della guerra tecnologica, matematica, intelligente, lei sì, la guerra. Dal punto di vista dei matematici, quelli che contribuiscono a rendere se non la guerra almeno le bombe intelligenti, almeno nelle opinione corrente.
Bisogna dire in realtà che la maggior parte dei matematici cercano di contribuire a rendere più intelligente l’umanità anche se è una impresa disperata. Nel 1998 una sezione speciale della rivista Zentralblatt fur Didaktik der Mathematik, una delle riviste più importanti per l’educazione matematica era dedicata a: "Mathematics, Peace and Etnics". (Matematica, pace ed etica. Parola quest’ultima caduta in disuso). Apriva la sezione speciale un articolo del curatore Ubiratan D’Ambrosio, un matematico brasiliano dell’università di Sao Paolo. Titolo dell’articolo Mathemarics and Peace: Qur Responsibilities. (Matematica e pace: le nostre responsabilità. Scriveva D’Ambrosio: "Sono interessato alla pace nelle sue molteplici dimensioni: pace interiore, pace sociale, pace ambientale e pace militare. Questo articolo tratta delle responsabilità globali dei matematici e degli insegnanti di matematica nella ricerca della pace. (...) La nostra responsabilità comprende l’uso che la società fa della nostra produzione intellettuale e l’influenza che abbiamo sul comportamento dei nostri studenti. (...) Non credo che dobbiamo accettare che sia normale risolvere i conflitti con mezzi militari, e che una guerra isolata debba essere tollerata. Inoltre la Storia ci ha mostrato che c’è una grande probabilità di un coinvolgimento delle nazioni, e che l’escalation di questi conflitti "regionali" può risultare nella terza Guerra Mondiale".
Naturalmente nessuno di coloro che hanno scritto quegli articoli si aspettava quello che sarebbe successo poco dopo, nel 1999, una guerra nel cuore dell’Europa. Massacri, deportazioni, una guerra che ha coinvolto 20 paesi europei. Io non so che cosa ci riserva il futuro; credo che non lo sappia nessuno, nemmeno i grandi strateghi della guerra. La responsabilità riguarda tutti, certo, non solo i matematici. I matematici, la matematica è tirata in ballo in quanto scienza legata alla logica ed alla intelligenza; quindi che cosa ci può essere di più avanzato di una guerra fatta con strumenti che sono addirittura intelligenti, matematici? I matematici si sono posti il problema; è stato organizzato un convegno qualche mese fa dal titolo quanto mai esplicito: "Matematica ad Bar".. Sta per essere pubblicato il volume che raccoglie gli interventi del convegno: a cura di Bernhelm Boos Bavnbek e Jens Hoyrup, Mathernatics and War, Birkhàuser, Boston, 2003. E’ stato appena pubblicato un articolo dei due curatori, che sono della Roskilde University di Danimarca, in cui riassumono i temi che sono stati trattati al convegno e nel libro. Il convegno si è svolto dal 29 al 31 agosto del 2002 a Karlskrona. L’articolo è uscito nel numero di Dicembre 2002 della newsletter della European Mathematical Society (vol. 46 p. 20-22).
Le domande che i due matematici si sono posti sono state:
- Sino a che punto gli aspetti militari hanno giocato un ruolo, soprattutto dopo la Seconda guerra mondiale, nella formazione della matematica moderna e nella carriera dei matematici?
- Il modo di pensare dei matematici, i metodi matematici la tecnologia "matematica" (includendovi la computer science) hanno influenzato e cambiato il carattere e i modi della guerra moderna, e se sì, hanno influenzato il pubblico, oltre che i militari?
 - Quali furono in tempo di guerra le scelte etiche di grandi personaggi come Niels Bohr, fisico, e Alan Turing, matematico? Sino a che punto discussioni etiche ad ampio raggio possono fornire delle guide per il lavoro dei matematici? - Quale è stato il ruolo del modo di pensare matematico nel plasmare le leggi moderne in tema di pace e guerra? Possono argomenti matematici essere utili per risolvere i conflitti attuali?Come si vede domande non di poco conto. Le questioni vengono esaminate dal punto di vista dei matematici e dal punto di vista dei militari. Al convegno erano presenti matematici, storici della matematica, storici ed esperti militari, fisosofi. Una parte della discussione ha riguardato gli aspetti etici. Ha scritto un matematico, Jerry Neyman:
"Io dimostro teoremi, sono pubblicati sulle riviste scientifiche, dopo di che non ho la minima idea di che cosa succede loro". Delle scelte etiche si è discusso.Di come si sono comportati famosi scienziati, da Laurent Schwartz a Bohr a Turing, a John von Neumann che è forse quello che più di tutti ha utilizzato il suo talento nella ricerca di guerra. Neumann si occupa tra l’altro del progetto della bomba H.
Le conclusioni dell’articolo, in attesa della pubblicazione del libro, sono molto interessanti. Dopo aver esaminato tutti i campi in cui il ruolo dei matematici può essere essenziale in tempo di guerra, prima fra tutti la decifratura dei messaggi segreti ed il miglioramento della efficienza delle armi, ecco le conclusioni degli autori:
Il fatto più allarmante è non tanto l’uso che si fa oggi della matematica e dei matematici quanto quella patina ideologica di razionalità, la chirurgica accuratezza che deriva dalla matematizzazione della guerra. Generalizzando si può arrivare a dire che questo modo di ragionare si applica non solo agli aspetti militari ma alla società tecnicamente razionale nel suo complesso.
Tuttavia non si deve essere pessimisti; il modo di pensare dei matematici può essere molto utile per smantellare falsi indottrinamenti, per distinguere il possibile dalla promesse irrealistiche. Il modo di ragionare matematico se non ci può sempre far raggiungere il miglior modo, tuttavia ci può far evitare il modo peggiore di affrontare le situazioni. Se il ragionamento matematico è la sostanza e l’originalità della matematica, allora la matematica può servire a chiarire come la guerra sia fondamentalmente irrazionale e irragionevole, non solo come semplice affermazione di buon senso ma esaminandone le specifiche caratteristiche. Ovviamente tutto il problema sta nel verbo "Potere". Se si vuole.

Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, articolo 262: "L’educazione deve essere diretta al completo sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondarnentali. Deve promuovere la conoscenza, la tolleranza e l’amicizia tra tutte le nazioni, tra tutte le genti e le religioni e deve sostenere le attività delle Nazioni Unite per mantenere la pace".